L’arte di essere o sentirsi liberi

li-ber-tà

SIGNIFICATO Assenza di costrizioni
ETIMOLOGIA dal latino: libertas l’essere libero.

Le parole archetipiche sono spesso le più comuni e le più difficili – difficile scovarne gli etimi più profondi, trarne i significati più puri e completi.

La libertà, forse, si avvicina etimologicamente al piacere: libare, libidine; e anche alla fratellanza, alla famiglia: in latino i “liberi” sono i figli, e ancora oggi le liberalità sono i doni incondizionati. Anche in altre lingue è forse così: pensiamo al “freedom” inglese, così affine al “friend”, all’amico, e al “Freiheit” tedesco, così affine alla “Friede”, alla pace.

Quel che risulta trasparente, circa questo stato, è che la libertà è ben lontana dal pirata, dall’artista viaggiatore: non è un’erranza capricciosa e irresponsabile. La libertà sta in una trama complessa che involve interiorità e realtà esterna (ci son più vincoli in ognuno di noi che in cento dittature), pensiero, istruzione, espressione, l’ampiezza delle proprie possibilità e la stabilità della propria posizione, in un’asserzione, insomma, fluida, ma sempre rivolta al bene, al valore: niente ci fa sentire il cuore libero quanto la danza di una ballerina talentuosa, e i suoi movimenti liberi, liberi, non sono arbitrari o casuali, ma al contrario equilibrati, studiati e limatissimi.

Questo è ciò che ci racconta la Liberazione, il 25 aprile: che la libertà sono delle redini da tenere salde e da riprendersi, se ci scappano di mano o se i cattivi ce le tolgono; che la libertà sono delle statuizioni forti e precise che non tollerano deroghe (in alto la Costituzione), non lassismi indifferenti; che non c’è libertà fuori dalla libertà civile e che la libertà è uno stato di sforzo – come la vita -, uno sforzo titanico, fatale che tutti siamo chiamati ad esercitare per piacere nostro, per amore di chi ci è vicino, ma soprattutto perché è giusto e buono.

Ma da un punto di vista psicologico possiamo intendere la libertà com’è percepita dal soggetto:

  • o negativamente, come assenza di sottomissione, di schiavitù, di costrizione per cui l’uomo si considera indipendente,
  • oppure positivamente nel senso dell’autonomia e spontaneità del soggetto razionale: con questo significato i comportamenti umani volontari si basano sulla libertà e vengono qualificati come liberi

Nel corso dei secoli molti filosofi e pensatori ipotizzarono e avanzarono diverse idee di libertà più o meno contraddittorie e che ebbero successivamente ripercussioni negative (da Aristotele e Cicerone ad Hobbes, Etienne de la Boetie, Marx e Bakunin) ma, a mio parere, due uomini riuscirono a definire il concetto di libertà in un modo così semplice ma al tempo stesso così efficace. E sottolineo l’uso del termine “uomini” perché sono stati umani prima di essere grandi intellettuali, cantanti, poeti e artisti quali Giorgio Gaber e Fabrizio de Andrè, che scrissero frasi che tuttora parlano da sole:

“Certo bisogna farne di strada
da una ginnastica d’obbedienza
fino ad un gesto molto più umano
che ti dia il senso della violenza
però bisogna farne altrettanta
per diventare così coglioni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni
da non riuscire più a capire
che non ci sono poteri buoni. (…)

C’hanno insegnato la meraviglia
verso la gente che ruba il pane
ora sappiamo che è un delitto
il non rubare quando si ha fame
ora sappiamo che è un delitto
il non rubare quando si ha fame.”
Fabrizio De Andrè, Nella mia ora di libertà

“La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione”
Giorgio Gaber, La libertà


Dopotutto, cos’è la libertà se non solidarietà? quale è l’opposto della libertà se non l’arroganza e la schiavitù psicologica o fisica?

Leonardo Cafolla 5Ecl