Le medaglie rosa

Quante volte si sente parlare di atlete mascoline e poco femminili?

Lo sport è sempre stato collegato ad una visione di forza bruta e maschile inconciliabile con l’ideale della donna casalinga e delicata, come se un’atleta non potesse essere talentuosa senza rinunciare alla sua femminilità.

Argomento di accese discussioni è lo “sport rosa”. Vi sono pareri discordanti al riguardo ma ciò che è certo è che se ne parla sempre poco e niente.

Già nella Grecia, nonostante le ragazze non fossero incoraggiante a intraprendere una carriera atletica, esisteva uno spazio dedicato a loro chiamato “Heraia” dove loro potevano cimentarsi nella corsa dei 500 piedi olimpici. Sparta fu la prima città a garantire alla donna uguali possibilità nello sport, qui dove vinse le olimpiadi per la prima volta una donna Cinisea.

Durante il Medioevo le attività sportive diminuirono notevolmente soprattutto a causa dell’influenza negativa che secondo il Papato quest’ultime avevano sul “buon cristiano”. L’imperatore Teodosio arrivò addirittura ad abolire i giochi olimpici sotto suggerimento del vescovo di Milano Ambrogio.

Solo dal1800 in poi alle donne fu possibile praticare attività sportive, in particolare il “gioco di badminton” tanto diffuso da ispirare lo stesso Walt Disney in una celebre scena del cartone “Robin Hood”.

Nel 1894 Il barone Pierre de Coubertine istituí il Comitato Olimpico internazionale responsabile di quelle che verranno definite Olimpiadi moderne. Alcune delle sue celebri frasi sono:

“Ai giochi olimpici il ruolo delle donne dovrebbe essere soprattutto quello di incoronare i vincitori”

“ Una Olimpiade femmina sarebbe: non pratica, non interessante, antiestetica e non corretta”

Molti all’epoca erano d’accordo con le teorie di De Coubertine. Era più facile sacrificare l’immagine della donna, per abbracciare quella (influenzata dal Romanticismo) secondo cui questo genere maledetto e malinconico andava coperto con abiti larghi e lunghi che rendevano impossibile ogni movimento. Fortunatamente nell’aria c’era profumo di cambiamento, e presto una ventata di fiero orgoglio rosa avrebbe modificato irreversibilmente la storia.

Alle Olimpiadi di Londra del 1908 le donne poterono prender parte alle gare di tiro con l’arco e nel 1912 a quelle di nuoto e di ginnastica. Nel 1922 ero a Parigi i primi giochi olimpici femminili organizzati un anno prima da Alice Milliat. Quest’ultima fu costretta a rinunciare alla sua iniziativa in cambio della promessa di dare maggiore spazio alle donne nei giochi olimpici. Nel periodo successivo le donne assunsero sempre più importanza nel mondo dello sport, in quanto il partito intellettuale fascista era convinto che oltre alla figura dell’uomo forte fosse necessaria quella della donna per rendere lo Stato altrettanto. Alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928 vennero ammesse 278 donne che per la prima volta parteciparono alle gare di atletica leggera.

Parlando di sport al femminile è inevitabile citare alcune delle donne atlete che hanno segnato la storia dell’emancipazione femminile in ambito sportivo:

– Senda Berenson: la madre della pallacanestro. La prima a rivendicare nel 1893 il diritto allo sport per le donne ritenendolo fautore di socializzazione e collaborazione.

– Stamata Revithi: tentò fino all’ultimo momento di partecipare alla maratona della prima edizione delle Olimpiadi del 1896

– Charlotte Cooper: la prima donna a ricevere un oro olimpico nel tennis.

– Amelia Earhart: prima donna ad affrontare il giro del mondo in aeroplano

– Jessica Watson: a soli 16 anni svolse il giro del mondo in barca a vela in solitaria

– Maria Grazia Lombardi: prima pilota di formula uno

– Ida Nomi: “la maestra di sport”, presentò nel 1907 il gioco la “palla del cerchio” primo esempio di pallacanestro in Italia.

– Alfonsina Strada: ciclista, gareggiò al Giro d’Italia del 1934, ottenendo reazioni molto avverse da parte della Gazzetta dello Sport che la rinominò “Alfonsin” e da Il Resto del Carlino che trasformò il suo nome in “Alfonsino”. Vinse 36 gare contro i colleghi maschi.

Ma l’uomo moderno è effettivamente così dalle ampie vedute sull’idea di emancipazione femminile o è alle stregue dell’uomo medievale?

Ancora oggi nonostante i tentativi formali di eliminare ogni disparità, le donne atlete vengono giudicate negativamente solo in base al sesso e al fisico. Secondo i dati raccolti nel 2017, in Italia, le donne atlete sono solo il 28% di cui 19% tra i 10 e i 15 anni. Nella maggior parte dei paesi le donne sono libere di praticare tutti gli sport mentre in determinati stati, soprattutto in oriente, è ancora vietata la partecipazione. Vi sono molte atlete moderne che stanno scrivendo la storia e che si battono per avere pari diritti degli uomini nei loro paesi di origine. Samia Yusuf Omar che partecipò alle olimpiadi di Pechino nel 2008 e morì a soli ventuno anni mentre fuggiva dalla Somalia per raggiungere l’Italia e diventare una velocista libera.

Matilde Procopio e Valeria Difazio 3A