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Machine Gun Kelly e il suo ultimo album ‘Tickets to my downfall’

Machine Gun Kelly, giovane rapper americano, è andato per la prima volta sulla bocca di tutti nel 2018, a causa del famoso “dissing” tra lui e il leggendario rapper di Detroit nonché suo idolo, Eminem. Si può dire che quello non fosse stato un bel periodo per MGK, che era ormai diventato il capretto sacrificale del mondo del rap e la gente stentava a prenderlo sul serio. Ma il giovane Colson non si è arreso e due anni dopo, nel settembre 2020, ha deciso di cambiare completamente stile e genere musicale con il suo ultimo album “Tickets to my downfall”.

Voglio precisare che io non sono mai stato un grande fan del rap e non avevo mai approfondito questo artista. Sono più tipo da chitarre rumorose, ritmi veloci; invidio chi è stato adolescente tra gli anni 90 e i 2000, quando band come Green Day e Blink-182 comandavano nella scena rock mainstream. Ed è proprio questa mia passione per il punk che mi ha portato ad ascoltare e ad apprezzare inaspettatamente l’ultimo lavoro di MGK. Dico inaspettatamente perché mai mi sarei immaginato che sarebbe stato un rapper a riportare il punk nella scena pop. 

La musica punk ha da sempre avuto la caratteristica di rivoluzionarsi di generazione in generazione per adattarsi alle sempre nuove sonorità del tempo e rimanere sulla cresta dell’onda: nato ed esploso nella fine degli anni 70, è poi tornato in veste del tutto nuova negli anni 90 per rimanere fino a tutti i primi 2000 il genere preferito dei teenagers. Spodestato poi dal rap, era da almeno 15 anni che una band punk non raggiungeva le grandi masse. Molti ne cantavano ormai la morte definitiva, ma io sapevo che in qualche modo sarebbe tornato. Poco efficaci sono stati i tentativi di band ormai storiche: gli ultimi album dei Green Day, ad esempio, non sono più riusciti a scalare le classifiche degli ascolti. C’era bisogno di qualcosa di nuovo, di fresco, di giovane. 

Ed è proprio questo tipo di prodotto che il giovane rapper americano, insieme alla collaborazione con Travis Barker, suo grande amico nonché batterista storico dei Blink-182, ha cercato di creare. Un album che riprende il sound tipico del pop-punk degli anni 2000 e lo rende attuale mischiandolo a sonorità moderne. Tentativo, a mio parere, completamente riuscito. Le varie tracce, infatti, riescono a trasmettere un’energia tale da non avermi fatto rimpiangere il passato. Le canzoni sembrano essere quasi tutte ispirate, estremamente orecchiabili e abbastanza differenziate tra loro, sia per le strumentali che per i testi, mentre la voce di MGK si sposa perfettamente con questo tipo di musica. 

Posso dire, in conclusione, che sono molto contento ed eccitato per il lavoro svolto da questo artista, soprattutto perché è riuscito, in questo modo, ad avvicinare il pubblico ad un genere a cui non era abituato, a maggior ragione se consideriamo il suo passato da rapper. Spero fortemente che continui su questa strada e che ci riservi per il futuro lavori sempre migliori.  

Niccolo’ Amodeo 4C cl