Il drago di Atessa

Le creature mitologiche sono da sempre protagoniste di molte leggende per via del loro fascino. Diversi sono gli esempi presenti nel folklore dei vari Paesi, come ad esempio il mostro di Loch Ness, uno dei draghi marini più conosciuti al mondo. Non fa eccezione la città di Atessa, al centro di questo singolare racconto

In principio Atessa era formata da due città Ate e Tixa, separate da una valle percorsa dai fiumi Osente e Pianello (gli odierni Sangro e Osento). I due corsi d’acqua avevano creato un ambiente paludoso, habitat perfetto per un drago dal dorso verde, il ventre giallo e la bocca rossa, il quale vi si era insediato. Quest’ultimo mieteva numerose vittime, imponendo sacrifici umani come suo pasto quotidiano e impediva agli abitanti dei due borghi di potersi riunire.

La situazione cambiò quando San Leucio giunse a Brindisi. Nato ad Alessandria d’Egitto e divenutone vescovo, aveva raggiunto la fama operando miracoli, guarendo i malati e scacciando demoni. Venuto a conoscenza della presenza del perfido drago, decise di andare in aiuto alla popolazione. Si recò nella tana della creatura, la nutrì per tre giorni con della carne e, quando fu sazia, la incatenò per poi ucciderla sette giorni dopo. Il sangue del drago fu conservato e consegnato alla popolazione che lo utilizzò come pozione curativa. La valle fu così liberata e le due città poterono finalmente riunirsi, fondando Atixa, l’attuale Atessa. Fu edificata, in onore del valoroso vescovo, l’attuale chiesa di San Leucio. Si narra che questa sorga proprio nell’esatto luogo ove era collocata la tana del drago. In essa è conservato, tutt’oggi, quel che resta del famigerato drago: un’impressionante costola di una lunghezza di due metri.

di Stefania Capuano