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Antonio, ufficiale dei carabinieri, ci racconta la sua lotta contro la mafia: “l’unico modo per sconfiggerla è non averne paura”

Di Camilla Albore

Caldo afoso, coste frastagliate e il sole cocente che illumina le bellezze barocche. Ci troviamo in Sicilia, giugno 1992. Antonio (nome di fantasia per tutela), ufficiale dei carabinieri, viene trasferito in un nucleo investigativo della Sicilia. “In pochi giorni mi sono ritrovato catapultato in una realtà che non conoscevo a pieno, eppure ne ero attratto nonostante conoscessi i pericoli che potevo incontrare” ci racconta, mentre la mente vaga tra i ricordi lontani.

Così Antonio ha avuto modo di conoscere la mafia da vicino, di toccarla con mano, ma soprattutto di conoscere il suo meccanismo perverso e la sua forza predominante in territori poveri, dove non si percepisce la presenza di uno stato che tuteli i cittadini.

“La mafia è un fenomeno complesso. Una volta che si infiltra nel tessuto economico e sociale, è difficile estirparla.” Spiega a malincuore. Antonio per 3 anni si è occupato della ricerca di latitanti, di seguire le indagini sulla mafia, intervenendo anche con perquisizioni e arresti, tuttavia un lavoro come questo può portare a essere più esposto ai pericoli. “Non ho mai vissuto la mia professione considerando i pericoli che potevo riscontrare, eppure essi c’erano”, rivela, tuffandosi tra i ricordi sfumati di quei momenti probabilmente pieni di paura.

“La caserma ha ricevuto una telefonata da parte di un uomo che, in marcato accento siciliano, mi minacciava”. La mafia si mangia ogni cosa, la mafia si mangia vite umane, le stesse vite di quelle persone che collaborano ogni giorno con la giustizia e che non vogliono piegarsi alle sue prevaricazioni e fra quelle persone c’è anche Antonio. “Ammetto che ci sono stati dei momenti di paura: è normale e naturale. L’importante è cercare di gestirla e di ragionare con lucidità. L’unico modo per sconfiggere questo mostro è non averne paura”. Come diceva Falcone, “Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola” Ed è ciò che hanno fatto tutte le persone uccise dalla mafia. Hanno camminato a testa alta contro la violenza, contro l’ingiustizia, contro la crudeltà.