Io sono Bea!

Io sono Beatrice, ho 12 anni, una sorella più piccola, Lea, e qualche anno fa mamma e papà mi hanno comprato un cagnolino, un Golden Retriever, si chiama Simba. Frequento la seconda media e per fortuna ho Sara e Alessio, sennò probabilmente il mio unico amico a scuola sarebbe stato solo il muro. Credo di aver detto tutto. Ah, quando ero più piccola mi è stato amputato l’arto inferiore sinistro, rischiavo di morire, ma sono ancora qui e amo la vita.  

Simba è il mio migliore amico, facciamo qualsiasi cosa insieme, proprio tutto, anche se ogni tanto preferirei andare in bagno da sola, ma se lo faccio si offende. Ogni mattina, appena mi sveglio, la prima cosa che vedo è la sua lingua sulla mia faccia e ho cercato di fargli capire che ci sono altri modi per svegliarmi, ma probabilmente lo trova divertente. Spesso ho litigato con la mia famiglia, non mi piaceva sentire la pressione di tutti che cercano di stare attenti a ogni mio singolo passo, e lo so che lo facevano perché si preoccupavano, ma non capivano che così mi trattavano da diversa, mi ricordavano in ogni momento che non ho una gamba e che non sono una bambina normale. 

Chiudere la porta di casa per andare a scuola è uno dei momenti più difficili della giornata: un cagnolone, da dietro la porta, mi prega di restare con lui usando quegli occhioni super dolci e, ogni giorno, sono pure tentata di accontentarlo, sia perché è irresistibile, sia perché non è così bello andare a scuola, nessuno ti guarda come fa lui, anzi, sono tutti lì che ti fissano come fossi un extraterrestre.  

La mia classe è divisa come in parlamento (credo): ci sono quelli di destra che mi guardano male e sembra gli faccia schifo, quelli di sinistra che provano pena per me e fanno i finti amici preoccupati e al centro ci sono i miei due unici amici. La gente fa domande strane: ‘Ma come fai a camminare con una sola gamba?’, ‘Senti dolore?’, ‘Ma non hai bisogno dell’insegnante di sostegno?’, ‘Non ti manca essere una bambina normale?’. L’ultima domanda è quella che sempre rimbomba nella mia testa, cosa significa bambina normale? Cos’è normale?  

Di solito quando torno da scuola faccio sempre le stesse cose: pranzo, mi riposo con Simba, studio, gioco, ceno e dormo; oggi però dopo pranzo siamo andati in ospedale. Veniamo qui una volta al mese e sono passati così tanti anni che ormai conosco ogni dottore, stanza e ho pure avuto il permesso di portare Simba con me, a patto che non distrugga nulla. 

Durante la solita visita di controllo, ho notato espressioni strane da parte della dottoressa, sembrava preoccupata, ma non mi ha detto nulla, se non di andare con Simba dagli altri bambini. 

In macchina mamma è stata molto silenziosa, di solito cantiamo insieme le canzoni del nostro CD preferito, ma oggi sembrava essersi dimenticata tutti i testi. Non so come, né perché, ma a scuola mi guardavano tutti in modo strano, più del solito; giravano nuove voci: ‘Ma quindi ora Beatrice finisce in sedie a rotelle?’, ‘Ora non potrà fare più nulla’. Tutti sapevano qualcosa tranne me, avevo gli occhi di qualsiasi persona puntati addosso.  

Sono tornata in ospedale a distanza di qualche giorno, c’era qualche problema…Dovevo essere operata a breve. 

Simba sapeva che ero terrorizzata. Nel momento in cui stavo per uscire dalla porta con la mia valigia per l’ospedale, si è seduto, ha aspettato che facessi lo stesso, per poi poggiare le zampe sulle mie spalle, l’abbraccio più bello della mia vita. 

L’ultima cosa che ricordo è una luce avvicinarsi alla mia faccia, poi ho visto mamma, Lea, papà e Simba. Eravamo in vacanza in montagna, giocavo con tante bambine, mi divertivo, ero pure stata invitata a casa loro. Era tutto bellissimo, sembrava un sogno. Avevo due gambe. 

Mi sono svegliata con mamma che piangeva ai piedi del letto, poi si è subito avvicinata e mi ha abbracciata senza dire nulla. Nessuno era riuscito a dirmi altro se non ‘Riposati Bea’, ma sapevo c’era qualcosa che non andava. Nel momento in cui chiudevo gli occhi vedevo sempre la stessa scena del sogno. È sempre stata la mia gamba il problema, mi ha reso diversa! Io voglio essere come gli altri, io voglio correre, avere tante amiche, saltare, passare inosservata. Basta, non riuscivo più a stare a letto, dovevo alzarmi, parlare con qualcuno, cercare Simba. Rimasi immobile. Non riuscivo a muovere la gamba, non la sentivo e, proprio in quel momento, mamma entrò con una sedia a rotelle. Un silenzio interrotto da un fiume di lacrime che versai fino a quando non vidi passare due bambini fare una gara sulla mia stessa sedia. Ridevano. Mi chiesero se volessi giocare con loro e mi portarono sul terrazzo dell’edificio. Non c’ero mai stata, era bellissimo. Si vedeva il mare, infinito, libero, splendente. Per un momento avevo dimenticato tutto, poi i due mi chiesero perché avessi pianto. Dissi loro che tutto questo non era giusto, volevo una vita normale, essere una bambina normale, non capivo come facessero ad essere così felici. In realtà anche per loro era stato difficile, si sentivano diversi, strani, e le attenzioni degli altri non facevano che accrescere il loro malessere. Dal giorno in cui hanno capito di essere come gli altri, hanno ricominciato a vivere, non importava se fossero costretti a spostarsi su una sedia, erano felici e questa era la cosa che più importava.  

Tornai a casa dopo qualche giorno, Simba impazzì di gioia nel vedermi, il suo sguardo rimase lo stesso di sempre, non gli importava se era cambiato qualcosa, mi amava lo stesso così com’ero. A scuola invece era tutto diverso: adesso i miei compagni mi parlavano e non perché gli facevo pena, semplicemente ero una di loro, mi sentivo quasi popolare perché tutti mi salutavano.  

Forse non potrò avere indietro le mie gambe, ma quello che mi importa è essere felice, non permettere a nessuno, nemmeno a me stessa, di offuscare il mio sorriso, voglio vivere, diventare grande e aiutare gli altri bambini come me: io darò consigli, Simba farà quello che più gli piace fare…leccare la gente.  

Elena Avola, 5BL