Intervista a Serena Travaglini

In occasione del convegno “Leucemie Acute: i grandi traguardi della ricerca italiana”, a fine incontro, alcuni ragazzi hanno avuto l’opportunità di porre delle domande alla dottoressa per chiarire alcuni dubbi.

Dove notiamo i primi campanelli d’allarme per diagnosticare una leucemia?

“Ci sono dei sintomi che più degli altri ci fanno pensare di avere la leucemia. Ad esempio sanguinamenti, perdite notturne, segni di insufficienza midollare come anemia o stanchezza, lividi, ma ovviamente bisogna fare le analisi per vedere se effettivamente è stata diagnosticata una leucemia acuta.”

Il trapianto del midollo osseo è l’ultima spiaggia da intraprendere?

“No. Adesso con l’avvento di nuove tecniche, incominciamo a scoprire nuove mutazioni, ma altrimenti molti pazienti hanno un assetto cromosomico normale, i cromosomi sono quindi nel posto giusto, non ci sono proteine di fusione, quindi il paziente dopo una chemioterapia forte, che toglierà tutte le cellule leucemiche, farà un trapianto di midollo, il che è molto frequente. Per quest’ultimo c’è bisogno di un donatore che deve essere compatibile con il sistema immunitario di chi riceve quel midollo”.

Perché grazie ai grandi risultati ottenuti grazie ai cosiddetti farmaci intelligenti, in molti casi di leucemia, tra cui quella acuta promielocitica, non si parla più di aspettativa di vita ma di qualità di vita?

“Questo è parzialmente vero. Per la promielocitica non è più vero, perché il 90% dei casi viene diagnosticato in fretta e curato, perché al fronte di un sospetto diagnostico, il paziente ha un’emorragia e in seguito il sanguinamento si interrompe. È molto raro infatti non riconoscere questo tipo di leucemia. Quindi sicuramente mi puoi parlare di qualità di vita nel senso che i farmaci hanno certamente qualche effetto collaterale, ma blando rispetto alla chemio. Per le altre leucemie invece purtroppo è vero, stiamo cercando di trovare dei farmaci a bersaglio molecolare.”

Quali sono i fattori che possono aumentare la possibilità di avere la leucemia, oltre a quelli ambientali?

“Diciamo che non lo sappiamo, sicuramente quelli ambientali influiscono, però non lo sappiamo.”

I dati sui finanziamenti di ricerca e sviluppo in percentuale sul PIL, collocano l’Italia agli ultimi posti, il sistema universitario è da anni sotto finanziato e i fondi della ricerca italiana sono dieci volte di meno rispetto agli altri paesi. Tuttavia, l’Italia, rimane ai primi posti nelle classifiche per i contributi dati alla ricerca internazionale. Considerando la situazione attuale, che sicuramente non rassicura del tutto, qual è il consiglio che si sente di dare a noi giovani che vogliamo approcciarci al mondo della ricerca?

“Non vi voglio mentire, indubbiamente se volete diventare ricchi, non fate i ricercatori, perché non ci diventerete; però se avete tanta passione, fidatevi che in Europa, così come in America, la situazione non è migliore. Purtroppo la ricerca, in ogni paese, si basa comunque sui fondi della ricerca. Poi ci sono molti centri, come ad esempio il mio laboratorio è un laboratorio che ha molti fondi, molto spesso i fondi non mancano. Il ricercatore chiaramente subisce questa realtà, io personalmente ho 32 anni e ho comunque ogni anno una borsa di studio, a volte rinnovabile a volte no, quindi sicuramente è una situazione abbastanza precaria, quando si è giovani; però se avete la passione, vi consiglio di provarci perché anche se è un lavoro pesante, se è la vostra passione non vi pesa. La giornata di lavoro può avere anche 12 ore, ma se è quello che vi piace fare, tranquilli, non starete a guardare l’orologio”.

di Alessandra Giorgetta