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“Il visconte dimezzato”, di Italo Calvino. Recensione di Luigi Belli

Qualche anno fa ho letto un celebre romanzo di Italo Calvino: “Il visconte dimezzato”. Il libro narra le vicende del giovane Medardo di Terralba. Questi si arruolò nell’esercito cristiano per sconfiggere gli Infedeli in Boemia, ma venne gravemente ferito  a causa di una potente cannonata . Da quel  momento lui si divise in  due parti,  una metà ‘cattiva’, un’altra ‘buona’. Quando rientrò nel suo castello iniziò a comportarsi in modo scorretto  nei confronti dei suoi sudditi e nei confronti delle persone alle quali era particolarmente legato prima di rimanere invalido in guerra.Il filone principale su cui ruota tutto il romanzo è sicuramente quello dell’uomo diviso in due sia dal punto di vista fisico che psicologico, lungo una linea di distinzione tra bene e male, descritta ironicamente da Calvino. 

Ho scelto di ricordare qualche aspetto di questo celebre romanzo perché si rivela utile per procedere alla descrizione della mia personalità. In modo efficace, lo scrittore  ci propone l’immagine di un uomo tagliato in due, continuamente in contrasto con sé stesso, e tale diversità viene accentuata maggiormente proprio per il fatto che una metà è buona, mentre l’altra è cattiva. Questo sentimento di contrasto mi è molto familiare; quante volte mi sento scisso, completamente travolto da sentimenti contrastanti: desidero studiare, ma voglio intensamente anche giocare online con i miei amici; vorrei collaborare con i miei genitori in cucina o nel riordino della casa, ma poi prevale il bisogno di stare disteso sul divano a leggere un libro. Queste situazioni di contrasto sono numerose, se non innumerevoli. Riguardano sia il mio modo di vivere sia i miei sentimenti; per fortuna non assumono quel tratto ‘insopportabile’  che  Calvino  attribuisce ad entrambe le metà di Medardo. Infatti, nel romanzo,  la gente non tollera  più le  sue cattiverie,  né la sua estrema generosità perché, come è noto,  le persone che vogliono a tutti i costi essere buone e misericordiose nei confronti degli altri rischiano di divenire veri e propri  seccatori risultando insopportabili, proprio come i malvagi. 

Personalmente, in quanto adolescente, credo di riuscire ‘abbastanza’ a conciliare gli aspetti emotivi e razionali del mio io. Trovare un punto di equilibrio è complesso, ma grazie anche all’attenzione della famiglia, degli insegnanti e degli amici può divenire possibile. Credo, infatti, che gioia e tristezza,  rabbia e calma, ansia e  tranquillità, paura e fiducia debbano trovare ascolto nel nostro io. E’ necessario cercare di uscire dalla zona ‘no’ e impegnarsi ad occupare una zona di elaborazione, fatta di graduali passaggi di sentimenti e azioni da una metà all’altra. 

Tuttavia, riconosco che possa risultare difficile. Al tempo delle elementari, era molto frequente che potessi lasciarmi trascinare dalla violenza nei confronti dei miei compagni, anche se non a scuola, in quanto ero molto orgoglioso della reputazione che mi ero guadagnato. Dopo un po’, mia madre, oramai stanca dei miei continui rimproveri comportamentali da parte di altri genitori, pose la questione alla scuola. Gli insegnati decisero a tal proposito di far leggere un libro a tutta la nostra classe chiamato “Fabio Spaccatutto”. In questo libro, il protagonista aveva continui attacchi di rabbia, proprio come me, anche se non mi accorsi subito della somiglianza tra me ed il protagonista di quella storia. Fatto sta che, quando capii che il mio comportamento era uguale a quello del protagonista di quel libro, decisi di cambiare. Ci è voluto un po’ di tempo per riuscire a controllare il mio umore, ma grazie all’aiuto di genitori e professori, ora risulto molto più calmo e risoluto rispetto a prima.

Un altro aspetto interessante della questione posta da Calvino consiste proprio nelle considerazioni che ciascuna metà fa circa la propria condizione. Entrambe ritengono che l’essere divisi comporti dei benefici, nel senso che è possibile vedere il mondo solo ed unicamente secondo la propria ottica (buona o cattiva che sia) ed interpretarlo in modo più approfondito ed autentico. Non so se questo modo di pensare sia sbagliato o in parte condivisibile,  ma credo invece che in alcune circostanze è meglio mantenere l’interezza del proprio giudizio piuttosto che filtrarlo, ed essere pronti anche all’insuccesso.  Ed è proprio questo che vuole far capire  Calvino: troppo buono o troppo malvagio non va bene, ma anche una volta che si diventi ‘normale’, non si deve pensare che l’equilibrio porti necessariamente la prosperità, come la gente nel romanzo sperava. 

La vita è fatta di alti e bassi, di salite e discese, bisogna impegnarsi nella ricerca dell’equilibrio personale fatto di ragione e amore, sincerità e diplomazia, in modo da percorrere giorno per giorno un percorso rettilineo, evitando che qualora si perda la dritta via a causa di un’improvvisa rabbia, di un sentimento forte di frustrazione. 

Bisogna parlare, confrontarsi e ascoltare senza giudicare, accogliere chi la pensa e chi sente diversamente da noi con rispetto. 

Luigi Belli, III A
 
 
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