Dante nella musica: “Argenti vive” di Caparezza 

La Divina Commedia di Dante Alighieri è nota per essere una delle più importanti opere italiane, un’immensa critica verso l’umanità, che porta con sé non pochi problemi di interpretazione. In quanto tale, tanti sono stati quelli che hanno cercato di reinterpretarla e di restituirla in una chiave nuova, attraverso l’arte, la musica, il teatro e la stessa letteratura. Tra questi coraggiosi navigatori danteschi troviamo Caparezza, pseudonimo di Michele Salvemini, rapper indubbiamente insolito e controverso, ma che è riuscito a conquistare la scena della del rap italiano rivoluzionandola. Il cantautore decide di inserire nel suo album “Museica”, del 2014, un brano ispirato all’opera dantesca, proponendo una sua personale interpretazione del canto VIII dell’Inferno 

Ci troviamo nel quinto cerchio della voragine infernale, dove sono puniti gli iracondi insieme agli accidiosi. Dante e Virgilio attraversano sulla barca del nocchiero Flegias la palude e sono attirati da un dannato in particolare. Questi rivolge parola a Dante per conoscerne l’identità. Il poeta risponde in modo sdegnoso, mantenendo un’altezzosità sprezzante per tutta la durata dell’episodio. L’anima tace la sua identità, ma Dante lo ha già riconosciuto.  

Si tratta di Filippo Adimari, detto “Argenti” per la diceria che lo vede ferrare il suo cavallo con zoccoli d’argento, ricco e arrogante fiorentino, acerrimo nemico di Dante per motivi politici (Argenti era guelfo nero, Alighieri guelfo bianco). Pare che il dannato lo abbia addirittura schiaffeggiato pubblicamente durante una lite. 

Non sorprende dunque l’atteggiamento (di cui Virgilio è addirittura orgoglioso) di Dante nel canto, in cui è proprio il poeta ad avere la meglio che, risentito dagli insulti a lui rivolti, tenta di capovolgere la barca sulla quale si trova il dannato.  

Nella sua canzone invece Caparezza dà voce alla versione del dannato che si scaglia violentemente contro Dante. Se nella versione dantesca questo personaggio appare rassegnato e con un implicito senso di vergogna, tipico delle anime dannate, nel brano riemerge con “prepotenza” la vera natura di Filippo Argenti, che non ha paura del confronto con Dante. Si riapre dunque la questione lasciata in sospeso: Ciao Dante, ti ricordi di me? Sono Filippo Argenti, il vicino di casa che tu ponesti tra questi violenti. Sono quello che annega nel fango pestato dai demoni intorno. Cos’è vuoi provocarmi Sommo? Puoi solo provocarmi il sonno! 

Filippo Argenti provoca duramente Dante, nella convinzione che la letteratura non possa nulla di fronte alla violenza. Il duello che si sviluppa tra i due non è alla pari perché l’unica arma del poeta sono le parole, come espresso dai versi “le tue terzine sono carta straccia le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno”. Vince rima baciata o mazza chiodata? Dante è visto come un debole che, sotto la protezione di Virgilio e di Dio stesso, ha avuto il coraggio di affrontare il suo avversario solo quando era già morto, cercando di plasmare con le sue parole una memoria sbagliata del dannato. Filippo Argenti è però convinto che alla fine “l’arte porterà il suo nome”, in quanto è noto che nel mondo sono privilegiate sempre le persone forti.  

“Il mondo non è dei poeti, il mondo è di noi prepotenti.” 

C’è da sottolineare, per quanto possa risultare ovvio, che Caparezza non sta realmente dalla parte della violenza; ciò che lui ci offre è solo un nuovo punto di vista al di fuori dell’ordinario, con lo scopo di spingerci a riflettere. Viviamo davvero in un mondo dove la violenza vince contro l’arte della parola? Un monito oscuro ci ricorda che “Argenti vive”, e vivrà ancora, pronto a soggiogare l’intera umanità rivendicando il suo diritto alla prepotenza. 

 

Chiara Pica