Attivisti di vari paesi prendono di mira musei per far sentire la loro voce
Da Parigi a Roma passando per Madrid, Firenze, Vienna e la città del Vaticano, si susseguono in questi mesi le manifestazioni degli attivisti di ultima generazione. Per sensibilizzare sul cambiamento climatico hanno deciso di attaccare le opere d’arte conservate nei più importanti musei del mondo con vernici e zuppe preconfezionate. Il 23 ottobre la sorte peggiore tocca al quadro “Il Pagliaio” di Claude Monet a Potsdam. Nei casi precedenti gli attivisti avevano imbrattato soltanto i vetri protettivi dei quadri, qui invece il purè di patate ha colpito direttamente tela e cornice.
Il loro modo di protestare non è gradito da molti, che li hanno accusati di vandalismo, ma loro si sono così difesi: “Il nostro non è vandalismo, ma il grido di allarme di cittadini disperati che non si rassegnano ad andare incontro alla distruzione del Pianeta e, con esso, della propria vita”. Del resto non possiamo negare che essi conoscano bene il significato e il valore delle opere d’arte scelte come bersaglio, come testimonia il parallelismo che hanno instaurato con il Lacoonte. Gli attivisti erano lì il 18 agosto affermando che come il Lacoonte devono tacere perchè mettono in guardia su un futuro catastrofico.
Allora perché imbrattare proprio le opere d’arte, testimonianza di cultura secolare se non millenaria? Dal loro punto di vista è inutile esaltare la bellezza se il mondo viene distrutto.
Le proteste non si sono però limitate ai musei, riversandosi anche sulle strade, dove gli attivisti hanno bloccato il traffico sedendosi sull’asfalto e ostinandosi a non muoversi, resistendo persino all’intervento delle forze dell’ordine.
La domanda sorge spontanea. É il modo giusto di porre l’accento sulla questione? A prescindere da quale sia la risposta e da un qualsiasi giudizio morale artistico la notizia fa discutere.
di Virginia Botti 4D