Città inesistenti per spiegare il reale

Le Città Invisibili di Calvino: un classico del secolo scorso ancora lettissimo ai nostri tempi e che ha molto da dirci dopo tutti gli anni trascorsi.

di Emanuele Bennati, Gabriele Pecchi ed Edoardo Musso 1d

A tutti grandi autori dalla mente vulcanica come Calvino, che si é occupato di innumerevoli generi, può accadere di non sapere dove infilare tutte le idee avute in momenti di fervore artistico e poi scartate. Succede che le scrivanie si riempiono di fogli volanti e non si sa più come fare ordine, e fu per mettere a posto il suo studio, ma anche per un’ improvvisa ispirazione che Calvino si mise in testa di scrivere “Le città invisibili“.

Si potrebbe pensare che non sia semplice, ma va detto che molti incipit dei suoi romanzi mai scritti iniziavano proprio con descrizioni di città. Così, unendo i precedenti scritti forse il più letto autore italiano del suo secolo, seppe trarre un unico romanzo. Esso può sembrare artificioso, ma l’abilità dell’ autore fu proprio nel vergarlo con naturalezza. Raggruppò brevi descrizioni dai temi simili secondo un ordine logico e sensato ma che al tempo stesso lasciasse spazio alla magnifica casualità dei romanzi.

Infatti, i gruppi in cui le città sono suddivise sono tutti dai nomi molto evocativi, le città degli scambi, della memoria, dei desideri sono solo alcune. Tutti rimandano ad una qualche attività interna alla mente umana e tipica delle persone in quanto tali, oppure alle relazioni tra di esse. Queste s’ intrecciano nella vita di tutti i concittadini, a volte con l’ essenza stessa del centro che abitano.

Ma al contempo, questi gruppi potrebbero apparire soltanto pochi tra i generi di città immaginarie che ci si potrebbe inventare, e forse non i più importanti. Giusta presa di posizione, ma non è compito dello scrittore decidere quali lo siano, lasciandone la libertà a chi legge, e limitandosi nella sua piccolezza di raccoglitore di idee, a fornire semplici spunti. Non che Calvino non sia un grande autore, intendiamoci. Ma ha voluto semplicemente mostrare le cose come le vedeva lui, senza approfondirle tanto però da chiudere altre altrettanto corrette visioni .    

Calvino alla sua ordinatissima scrivania alle prese con i suoi famigerati romanzi in attesa di essere scritti

Dopo questa premessa, possiamo accingerci all’ approfondimento di come il racconto si sviluppa.

La struttura e i temi del romanzo

Il romanzo è piuttosto insolito nella sua conformazione, tanto che ,fra i più noti, sono solo il celeberrimo “Le mille e una notte” e il Decameron ad assomigliargli. Si tratta di uno stile inusuale per la sua frammentarietà, a discapito della fluire uniforme della storia. Esso si basa su di una cornice narrativa breve e concisa che fa da sfondo a una serie di racconti, descrizioni in questo caso. Anch’ esse sono piuttosto corte, mediamente una pagina, ma legate da temi comuni, e tutte narrate dai personaggi ivi presenti: si tratta di Kublai Khan e Marco Polo, seduti alla corte del primo, sovrano della Mongolia e d’ un vasto impero in Asia. Pur con una localizzazione specifica, i due si trovano in realtà in un luogo senza tempo, senza che ciò venga detto. 

Questo e molte altre informazioni, idee, opinioni, sono le tante cose lasciate alla comprensione del lettore, mantenendo senza fornire spiegazioni un’ aura di mistero e irraggiungibilità intorno ai luoghi della storia, pur associandoli al mondo reale per trasmettere dei messaggi.

I due uomini non sono per nulla i protagonisti del racconto, ma solo dei mezzi per raccontare ciò che Calvino aveva da dire sulle città invisibili. Attraverso il loro discorrere, durante una conversazione sulla decadenza dell’ impero di Kublai, Calvino ci narra del disordine e di quanto sia necessario. O comunque inevitabile, se l’ alternativa è un ordine imposto con la forza. Guerra e povertà in un regno grande quanto il suo non sarebbero contrastabili nemmeno dal più saggio dei governi, e quindi è quasi giusto lasciare il popolo da solo a gestirsi. Il povero sovrano, infatti, non poteva nemmeno sognarsi di vedere anche solo una piccola parte di quanto i suoi domini avevano da offrire, nel bene e nel male. Nell’ epoca in cui viveva, viaggiare era una scelta di vita : solo una limitata parte del mondo poteva offrirsi perfino agli occhi di un così ricco sovrano. 

Di ciò vive il romanzo, una raccolta di racconti meravigliosi per le orecchie stupefatte di Kublai, di descrizioni di luoghi mai visti ma che si potranno soltanto immaginare. Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Baucis_citta-invisibile-495x700.jpg

 

Le città in generale

Le città che Calvino ci presenta sono, come abbiamo detto, ognuna un’ esponente di una particolare categoria. Tutte sono caratterizzate da un passato unico su cui si fonda il loro modo di essere attuale. In ogni angolo di esse si possono trovare tracce di quello che sono state anni, secoli prima. Eppure non sono città morte, sono piene di vita in continuo rinnovamento. Semplicemente rifiutano di essere dimentiche di ciò che le ha portate ad essere come sono attualmente, in meglio e in peggio. Questo per evitare di ripetere eventuali errori e prendere dal passato solo il buono, pur ricordando tutto, senza, per orgoglio o altro, tralasciare i momenti più bui della loro storia. Ciò le spinge verso un miglior futuro nel rispetto delle tradizioni e dei modi d’ essere tipici di ogni città. In ultima istanza, “possedere” il passato non è possibile ne giusto. è bene dimenticare qualcosa, mantenendone però una traccia nella stratificazione delle epoche visibile in ogni città. Genova e Napoli, per dirne due, sarebbero ottimi esempi di città a strati nel mondo reale. Infatti, raccontano il loro passato al forestiero con i monumenti che le adornano e i loro centri storici medievali.

Le città di Calvino hanno inoltre tutte nomi di donne, che le umanizzano. Questo perché come persone, mantengono ricordi della loro vita passata e cambiano il loro “carattere”. Dal momento che sono luoghi della vita delle persone, assumono particolari forme architettoniche a seconda di chi le abita ed è questo che dà loro qualcosa di unico e lo trasmette a chi le abiterà in futuro. Un futuro che si prospetta assai migliore per qualunque città segua uno sviluppo rispettoso del passato, accompagnato dall’ impegno per renderla a tutti gli effetti un luogo perfetto per la vita di comunità, perché una città è “bella” solo se è fatta per supplire alle necessità di tutti.