Poesia, dettagli e stupore al Liceo D’Oria

Poesia tra due generazioni: Maria Grazia Calandrone illustra le opere di Wislawa Szymbroska 

Di Vittoria Gandolfo, 2B

Wisława Szymborska

Ero come un chiodo piantato troppo in
superficie nel muro

Tratti dalla poesia “Disattenzione“, questi sono solo alcuni dei versi su cui la scrittrice e poetessa Maria Grazia Calandrone si è soffermata durante il suo incontro, avvenuto l’otto marzo, con le classi 2B e 2D del Liceo D’Oria.

“Disattenzione” è un’opera della poetessa polacca, premio nobel 1996, Wislawa Szymborska (2 luglio 1923, 1º febbraio 2012).

 Già a una prima analisi si può notare come la poetessa, attraverso “Disattenzione”, evidenzi come ormai siamo così abituati al sopraccitato cosmo da non stupirci più, da non farci più domande.

“Ieri mi sono comportata male nel cosmo.” ma cosa significa questa frase? La Szymborska critica aspramente (e sembra quasi che lo faccia anche nei confronti di sé stessa) il comportarsi passivamente, il subire e osservare quello che succede senza interrogarsi su ciò che ci circonda.

La Szymborska riceve il premio nobel

La poetessa, attraverso la sua opera, condanna la, appunto, disattenzione: il non accorgersi delle piccole cose (come il pane in tavola, le nuvole, la pioggia), il passare tutta la giornata senza stupirsi e senza fare domande (Ho passato tutto il giorno senza fare domande,/senza stupirmi di niente.)

La Szymborska evidenzia l’importanza dello stupore, dell’unicità, dell’attenzione ai dettagli. Per la poetessa non esiste l’ordinario, il banale: tutta la sua poesia si sforza di dare importanza alla quotidianità, trascurata e spesso banalizzata dall’impulso di guardare al passato e pensare al futuro, ignorando il presente.

“Disattenzione” è uno straziante grido d’aiuto, un appello a tutti coloro che non riescono a stupirsi, a cercare una motivazione per quello che accade intorno a loro.

Questa poesia non ci esorta, ma ci chiede, ci supplica di riuscire a trovare ancora un qualcosa che ci dia la forza di scavare a fondo alla ricerca di un motivo per andare avanti, senza proseguire per inerzia, seguendo una  schematica routine (ma senza un pensiero che andasse più in là/dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.)

Maria Grazia Calandrone

“Ero come un chiodo piantato troppo in/superficie nel muro” la Calandrone ha spiegato come questa frase, all’apparenza di difficile comprensione, significhi l’essere ignorato dal mondo e dalla società, che vanno avanti e si evolvono senza aspettare chi con disattenzione si è perso nella corsa frenetica contro il tempo, invece di fermarsi e osservare, intervenire, pensare, domandare.

Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter
d’occhio.

Di nuovo, l’autrice vuole evidenziare come anche i momenti più brevi (“un batter d’occhio”) possano essere pregni di significato, avvenimenti e cambiamenti: ignorandone anche solo uno, si deve accettare il rischio di non accorgersi di tutto ciò che è successo in quell’attimo considerato insignificante.

Questa poesia è interessante anche dal punto di vista grafico: spazi posizionati a regola arte riescono a far scaturire sensazioni  e riflessioni in maniera totalizzante e devastante: nel suo insieme quest’opera riesce a travolgere il lettore con una veemenza sconvolgente.

Tutto questo però non può essere trasmesso attraverso una lettura superficiale, distratta, disattenta.