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Sulle tracce di Raffaele Mattioli – intervista a Francesca Pino

La 25a edizione del festival della scienza Ad/ventura si è aperta nella giornata di sabato 13 gennaio con numerosi incontri. Nel pomeriggio, seguendo le tracce della storia, abbiamo ospitato l’archivista Francesca Pino nel teatro Rossetti, che ha presentato il suo ultimo libro, “Raffaele Mattioli. Una biografia intellettuale”.
Poco prima della presentazione, l’autrice ci ha concesso di porle qualche domanda per approfondire il suo percorso in relazione con Mattioli, tra le calde luci della sala Irma Perrotti nel polo bibliotecario.


Come lei sa la nostra scuola porta il nome del “banchiere umanista”, Raffaele Mattioli, ma non tutti conoscono davvero questo grande personaggio. Quali aspetti del lavoro di Mattioli l’hanno spinta a scrivere una sua biografia?
Sono vari gli aspetti che colpiscono della vita e della personalità di Mattioli, ma è stata soprattutto la commistione delle varie doti e competenze che lui aveva, gli aspetti intellettuali, la vastissima apertura mentale e la sua sollecitudine sia per il bene comune sia per quello delle singole persone. Lui infatti aveva una generosità fuori dal comune ed era molto ricordato a Milano nell’ambiente nella banca commerciale italiana di cui era stato alla guida, prima come amministratore delegato e poi come presidente.
Io mi sono occupata professionalmente delle carte d’archivio di Mattioli e quindi sono stata a contatto con lui per circa 20 anni. Avendo scritto diversi articoli in varie riviste, mi sono poi decisa a raccoglierli in una biografia, proprio pensando a voi giovani, affinché possiate conoscere storicamente in modo affidabile questa figura straordinaria.

Lei ha diretto l’archivio storico di intesa Sanpaolo, è consigliere dell’ “International council on archives” dell’UNESCO e della “European association for banking history”. Cosa significa lavorare come archivista?
È un bellissimo lavoro che ho scelto con molta passione dopo essermi laureata in storia, anche se avevo anche un futuro come ricercatrice e aveva già curato l’epistolario di Cesare Beccaria nell’edizione nazionale.
Però mi piaceva soprattutto accostarmi ai documenti e verificarli, e per me era molto importante tornare alle fonti autentiche, perché di cose nel corso della storia se ne dicono tante e lo stesso Mattioli era oggetto di molti aneddoti, non tutti veri, o comunque che ne facevano un personaggio un po’ macchiettistico. Mattioli invece era una persona molto seria e soprattutto molto generosa. Poi lui era conosciuto per il suo caratteristico linguaggio colorito: gli piaceva parlare direttamente con persone di tutte le estrazioni sociali e culturali, e alla fine riusciva a combinare nella stessa giornata il lavoro di banca, il lavoro letterario ed editoriale e l’impegno civile.
Quali sono state le maggiori difficoltà nel ripercorrere le tracce della vita di Mattioli?

La difficoltà principale è stata il fatto che i banchieri di una volta non esternavano il loro operato verso il pubblico e Mattioli, in particolare, non concedeva molte interviste e non si vantava mai di tutto il bene che aveva fatto.
Non ha lasciato nessun diario ed è stato coinvolto in situazione piuttosto rischiose: ha salvato perseguitati politici e perseguitati per le leggi razziali, e c’è stata poi l’attività clandestina, poiché essendo un antifascista parlava con gli amici antifascisti senza lasciare tracce scritte. Quindi si riesce poi a ricostruire come la pensavano e che cosa facevano principalmente da testimonianze nate anche molti anni dopo la morte.
La biografia di Mattioli è solo l’ultimo dei suoi libri. Come si accosta la scrittura al lavoro di archivista?
Nel mio lavoro è contemplato sempre di presentare i contenuti dei fondi archivistici che vengono aperti al pubblico. La valorizzazione e la divulgazione del contenuto è diventata negli ultimi anni una parte molto importante del mio lavoro. Quando poi mi sono trovata con una ventina di articoli frammentari di tanti lavori che avevo svolto su Raffaele Mattioli, ho voluto condensarli in un’unica opera, che però ho riscritto di sana pianta perché ormai gli articoli più vecchi risalivano al ‘95.

Secondo lei come noi giovani potremmo orientarci prendendo in considerazione il suo lavoro e la figura di Mattioli?
Ai giovani può interessare confrontarsi con la storia avventurosa della vita di Mattioli e con le sue scelte controcorrente. Mattioli raccomandava di vivere ad occhi aperti e mente sveglia, e di non lasciarsi morfinizzare, cioè di non lasciarsi adagiare nei luoghi comuni e di reagire quando ci si trova in una situazione avversa, cercando di essere attivi verso soluzioni positive, proprio come aveva fatto lui negli anni bui del fascismo e delle leggi razziali.
Come ho già detto nel ricomporre la sua biografia ho pensato moltissimo a voi giovani perché mi capitava di chiedere ai ragazzi se conoscessero questa figura e di ricevere molti “no”, al che mi sono detta che non può essere dimenticato un uomo che ha fatto tanto bene al nostro paese.


Un dialogo che ha aperto il cuore e la mente all’emozione di riscoprire vite dimenticate ingiustamente, abbandonando il pregiudizio e attenendosi ai fatti storici.
Proprio grazie a persone straordinarie come Francesca Pino siamo in grado di recuperare le tracce di figure importanti della storia del nostro paese nei documenti e nelle testimonianze. Il suo prezioso lavoro ci ricorda che dietro alla velocità di internet a cui siamo abituati oggi, che ci permette di avere accesso alle informazioni in qualunque momento, ci sono state e ci sono tutt’oggi persone che devolvono la loro vita alla ricerca, per ricostruire i fatti e per divulgarli tra di noi.
L’esempio di generosità, ecletticità e perseveranza di Mattioli riesce a insegnarci ancora molto, e tutti dovremmo tenere sempre in mente il suo insegnamento, nel seguire la nostra ragione, soprattutto di fronte alle avversità, nel non lasciarci illudere dalle apparenze, per fare anche noi del nostro meglio per contribuire alla società.

 

Chiara Pica