Diario di un prigioniero – La Lettera

Il suono delle campane segna l’inizio di un nuovo capitolo, la Lettera.

La scrittura ritorna ancora una volta, ma stavolta si fa piena protagonista del brano. 

Per Caparezza è giunto il momento di mettere nero su bianco i suoi pensieri, di scegliere tra “romanzo” o “biografia”, e subito coglie il pretesto per un’altra canzone.

Dal tono disperato e ossessivo, Il Testo Che Avrei Voluto Scrivere concerne l’assillante bisogno di scrivere un testo epocale che tocchi le vette più alte della realtà.

“Devo scrivere un testo

Un testo che tocchi la vetta del Kilimangiaro, non di Spotify”

Attraverso un flusso di note rapido e sorprendente, Caparezza esprime il suo inappagamento e guarda con desiderio famelico al brano che lo renderà grande ed eterno. 

 Eppure nemmeno quello che scrive può essere considerato tale, poiché tratta di un testo che non esiste ancora, e che resta confinato nei limiti dell’immaginazione.

“Il testo che avrei voluto scrivere non è di certo questo

Perciò dovrò continuare a scrivere, perché di certo riesco

Prima o poi”

Ciò che ne emerge, dunque, è solo un testo mordace e tagliente saturo di insoddisfazione.

Eppure è proprio questa frustrazione che accompagna la voglia di ricominciare, a prescindere dalle debolezze e fragilità.

Alla fine, quindi, dopo l’alta marea e l’infuriare di un avvilente malcontento, a restare sulla spiaggia è solo la caparbia voglia di continuare a sfidare se stessi e superarsi.

“Scrivo tanto soddisfatto mai, sono il vanto per i cartolai

E vado come un treno perché non mi sento arrivato

Non ascolto il giudizio del popolo intero perché non mi sento Pilato

E sì, gente, sono esigente, non mi interessa chi scalza me

Sono alla ricerca come la tua offerta per le azalee

Quindi ándale, ándale, ándale”

 

Alessandra Masciantonio