Intervista a Mirko Pesce

Nella mattinata del 17 dicembre, il Polo Liceale Mattioli di Vasto ha avuto l’onore di ospitare  il team di TEDx Vasto, che anche quest’anno torna a proporre il Countdown, l’evento svolto per affrontare il tema dei cambiamenti climatici. Durante la conferenza si sono alternati quattro speaker d’eccezione. Il primo è stato il biologo e docente universitario Mirko Pesce, il quale ci ha concesso una breve intervista.

Innanzitutto lei è diventato ricercatore e professore associato in biologia Applicata e il suo studio si preoccupa principalmente di indagare il modo in cui gli stimoli ambientali influenzano il comportamento dell’essere umano. Come mai ha scelto proprio questo percorso?

Sicuramente alla fine la maggior parte delle scelte che prendiamo sono accidentali. Nella vita a volte capita di ritrovarsi in un gruppo di ricerche da cui si può prendere spunto per proseguire e creare una propria linea di ricerca, un proprio interesse. Io ho scelto questa tipologia di studi perché molto spesso non ci rendiamo conto di come l’ambiente che ci circonda influenza il nostro comportamento. Spesso pensiamo che determinate componenti della nostra fisiologia siano coinvolte solo in alcuni aspetti. Mi affascina scoprire che in realtà non è così. Per esempio quando abbiamo l’influenza il primo sintomo che monitoriamo è quello di valutare se abbiamo la febbre o meno. È un risultato molto interessante capire che quelle molecole che all’interno dell’organismo inducono l’aumento della mia temperatura, sono anche responsabili del sistema nervoso centrale. Infatti si preoccupano anche di modulare il mio comportamento, come ad esempio l’aumento dell’ansia o della depressione.

Foto di Ilaria Sputore

Ad oggi quali traguardi sente di aver raggiunto con le sue ricerche?

Per esempio ho sicuramente dato un contributo nel definire come la risposta immunitaria ha dei ruoli che non sono solamente propri del sistema immunitario, ma rientrano in tanti ambiti. Uno di questi è l’invecchiamento cognitivo, ma ce ne sono molti altri. Dunque il merito è quello di avere allargato un punto di vista che altrimenti sarebbe stato prettamente clinico.

Nell’estremo caso in cui non riuscissimo a risolvere il problema della crisi climatica, secondo lei, cosa accadrebbe alla vita umana e all’ambiente in generale?

Spesso il significato della parola ambiente viene stravisato. Ad esempio pensiamo all’ambiente e ci viene in mente un bosco, un fiume, un lago, la natura… Tuttavia l’ambiente non è solo questo, ma tutto ciò che ti da stimolo. E per stimolo non intendo solo quello motivazionale, ma stimoli di diversa natura (fisici, biologici, psicologici ecc.). Il nostro ambiente dunque è rappresentato da tutto ciò che interpretiamo, in ogni secondo della nostra vita. Per come la intendiamo noi ci sono dei cambiamenti climatici, ma siamo attrezzati per adattarci. Tuttavia quello che abbiamo modificato è la velocità con cui questi cambiamenti avvengono, li abbiamo catalizzati. Dunque dobbiamo utilizzare gli strumenti contemporanei di cui disponiamo per velocizzare anche il nostro adattamento.

Foto di Ilaria Sputore

In che modo la biologia si rapporta all’ecosostenibilità?

La biologia è fondamentale per l’ecosostenibilità. Per esempio, laddove andiamo ad approvigionarci da fonti di cibo diversificate, l’ottimizzazione del prodotto che utilizziamo deve mantenere dei requisiti qualitativamente elevati per la nostra salute. E la biologia ci permette proprio di capire e definire quali sono i nostri parametri salutari. Ma anche, ad esempio, il modo in cui allevare e far crescere animali e/o piante per farli stare in salute e per farli contribuire alla mia salute. La biologia è il linguaggio che codifica questi meccanismi, permettendoci, dunque, di soddisfare i nostri bisogni.

 

Alessandra Masciantonio