Quattro facce dello stesso dado

Introduzione:

I recenti avvenimenti hanno sconvolto la vita di tutti noi. Ci troviamo costretti a casa, con una tale quantità di tempo libero che quasi ci spaventa. Ognuno vive questa situazione in modo diverso: c’è chi si abbandona alla spensieratezza e gode di tutto quel tempo sacrificato a lavorare, c’è chi si fa prendere dall’ansia e dall’angoscia e si abbandona nel letto disperato, c’è chi non ha la più pallida idea di cosa fare. Infine c’è chi compiange i morti ai quali non ha avuto neanche la possibilità di dare un ultimo sconsolato saluto.

Faremo parlare quindi quattro personaggi, ognuno dei quali appartenente ad una fascia di età diversa. Questi descriveranno la loro vita e le loro impressioni davanti ad una situazione così nuova e particolare nella sua tragicità.

Letizia, 4 anni

Qualche settimana fa hanno chiuso la mia scuola. All’inizio ero felice perché la nonna mi accompagnava tutti i giorni al parco davanti casa e io potevo giocare con i miei amici.

Una mattina però mi sono affacciata alla finestra e ho visto dei signori in divisa recintare il pacchetto con uno strano nastro a righe rosse e bianche. Quella è stata l’ultima volta che ho potuto sentire il profumo dei fiori appena sbocciati. Abitando al quinto piano l’unico odore che sento è la puzza degli uccelli quando passano, anche se quella rompiscatole di mia sorella dice che è impossibile.

La maestra ci ha dato il compito di piantare il nostro fiore preferito e lasciarlo sul balcone. Tutti i giorni dobbiamo annaffiarla e raccontarle delle storie, la piantina sentirà la nostra felicità e crescerà. Solo quando saranno cresciuti i fiori di tutti i compagni, torneremo a scuola.

Io ho piantato un girasole per la nonna Mariasole che porta felicità ovunque va. Ultimamente è triste, anche se cerca di non farmelo vedere, io però la conosco. Lei e nonno Pippo erano più innamorati di Cenerentola e il principe azzurro, ma il nonno è dovuto andare via, in un posto migliore, dove purtroppo la nonna non può entrare. Quindi, da quando hanno chiuso il parco, sto cercando di inventarmi dei giochi per strapparle uno di quei suoi sorrisi enormi e pieni di felicità. Mi sto segnando tutte le volte che la sento piangere di notte e tutte le volte che riesco a farla ridere, per ora siamo 11 per me e 7 per i signori in divisa.

Tutte le sere saluto la mia piantina e le racconto quello che mi è successo durante il giorno, come se stessi parlando al nonno. E tutte le volte sento papà accendere la tv, disturbando il mio discorso. Da quando siamo chiusi in casa gli piace sentire numeri, ieri sera ha vinto il 14431, l’altro ieri il 12567, chissà chi vincerà oggi.

Federica, 17 anni

Come ogni mattina mi sveglio con i capricci di Letizia, lancio un cuscino per farle capire che deve smetterla, e finalmente riesco ad accendere quell’unico amico che mi tiene compagnia in questi giorni. Controllo le ultime notizie sperando che la situazione stia migliorando, ma , giorno dopo giorno, inizio a perdere le speranze.

È assurdo pensare cosa un organismo più piccolo delle nostre cellule sia riuscito a fare in così poco tempo: in qualche settimana ha sconvolto la vita di 7 miliardi di persone, solamente esistendo.

Un mese fa ci lamentavamo delle troppe verifiche e facevamo il conto alla rovescia aspettando l’arrivo di carnevale. Ora quei piccoli banchi sporchi sono l’unico posto in cui vorrei essere, tra i miei amici, a ridere e scherzare.

È in questi momenti che vorrei avere gli occhi spensierati di mia sorella, riesce a sorridere e a rendere felici le persone intorno a lei nonostante tutto. Non le interessa cosa stia succedendo là fuori, o forse non è ancora capace di capirlo.

Chiusi in casa, i numeri sono diventati la nostra buonanotte, andiamo a dormire sperando che il giorno dopo i contagi diminuiscano e ci svegliamo scoprendo che non è affatto così. Medici, infermieri e ricercatori cercano di prevedere quando potremo tornare alla normalità. Dovevano essere tre giorni, poi sono diventati dieci ed ora è solo un enorme punto di domanda. Tutte le sere la televisione cerca di darci una risposta, “state a casa” dicono. È divertente il fatto che siano gli stessi che qualche giorno fa ci dicevano “ il virus è poco più di una semplice influenza”. Ma solo dopo aver perso migliaia di nonni, genitori e mariti si sono resi conto della gravità.

Massimo, 47 anni:

E’ da ormai una settimana che sono recluso in casa con le mie due figlie e mia madre. Da quando è morto mio padre, infatti, per questo maledetto virus, siamo in quarantena e, se mai dovessimo uscire, passeremmo brutti guai. Le mie possibilità di tornare al lavoro sono quindi azzerate e non vedo come possa mantenere un’intera famiglia, pagare l’affitto e le bollette con quel poco di risparmi che mi è rimasto. Faccio fatica a staccarmi dalle preoccupazioni e dall’incombente ombra del coronavirus che, da un momento all’altro, potrebbe portarmi via le figlie e la madre come ha già avuto modo di fare con il mio povero padre.

Cerco di ingannare il tempo, distrarmi il più possibile: gioco con Letizia, aiuto Federica con i compiti, cucino con mia mamma. Finalmente ho tempo per stare un po’ tranquillo e godermi la mia famiglia. Tuttavia aleggia nell’aria un senso di pessimismo e sospensione che mi veicola alla situazione reale: morti, malati, impossibilità di curare tutti. Voglio ignorare la crescente angoscia, perciò guardo negli occhi Letizia: come le invidio quella docile spensieratezza, quell’illusa convinzione che tutto questo non sia altro che un gioco, un brutto sogno. Vorrei esser bambino anch’io.

Mariasole, 80 anni:

La morte di mio marito è stata sì un avvenimento tragico, ma cerco di andare avanti, per mio figlio e le mie nipotine. L’impossibilità di dare sepoltura all’uomo che mi ha accompagnata per 55 anni mi ha spezzato il cuore. Non voglio, non posso, non devo però abbandonarmi ad una sterile depressione. Ho speranza, ho voglia di vivere e fare tutte quelle poche cose che io e Pippo ci eravamo ancora promessi di fare assieme.

Mai mi era capitato di vivere una situazione del genere. Ho visto con i miei occhi e sperimentato sulla mia pelle gli effetti catastrofici di una guerra: sono stata barricata in casa, ho fatto provviste di cibo, ho pianto sudore e lacrime, ma questa volta la situazione è diversa. Anche il modo in cui le persone reagiscono è del tutto unico: si avventano sugli scaffali dei supermercati per fare riserve di cibo e così placare una fame che, però, non hanno. La causa di tutto questo è il non sapere dove è il nemico. Quando ero giovane tutti sapevamo che il pericolo veniva o dai cieli con gli aerei o dai camioncini color verde militare. Avevamo identificato quindi un nemico e sapevamo contro chi combattere. Con lo scoppio di questa pandemia, però, il non-sapere dove il virus da annientare si celi ha portato ad una serie di crisi nervose e comportamenti irrazionali. Spero che la gente abbia modo di vedere il mondo con gli occhi pacati di un’anziana signora, finché non sarà portata via anch’essa dal l’inesorabile potere di questa viscida creaturina.

Nel frattempo, provo a sconfiggere la noia e dedicarmi alla lettura, ai giochi con le mie nipotine, al cucinare con quel pericolo vivente di mio figlio: ogni volta che cucina qualcosa, o la brucia o mette lo zucchero al posto del sale.

Cerco la felicità nelle piccole cose, perché di grandi ce ne sono già abbastanza.

Classe 3B