Elisabetta I la vergine regina

“Dio ha rivelato ad alcuni in questa nostra epoca che una donna dovrebbe regnare e avere un impero al di sopra dell’uomo.”

Elisabetta I Tudor accolse con queste parole l’enorme responsabilità di governare una grande potenza come l’Inghilterra, che con lei visse un periodo ricco di importanti avvenimenti. Soprannominata “Vergine di ferro”, dimostrò come una donna, seppur sola al potere, fosse in grado di gestire abilmente un regno fungendo lei stessa da perno e garanzia di stabilità per il popolo inglese.

BIOGRAFIA

L’ultima regina della dinastia dei Tudor, nacque il 7 settembre del 1533 da Enrico VII e Anna Bolena. Fu l’unica loro figlia sopravvissuta dopo numerosi aborti spontanei e bambini nati morti, il che la designò come futura erede della corona inglese. Il padre, per via della mancanza di un erede maschio decise di divorziare dalla sua seconda moglie la quale, accusata di stregoneria, alto tradimento ed incesto, scontò la sua pena con la decapitazione.

Questo ebbe ovviamente delle conseguenze sulla piccola di casa Tudor, la quale, all’età di tre anni, fu dichiarata illegittima perdendo così il suo titolo di principessa. Crebbe dunque in esilio con la sua sorellastra Maria, la quale aveva subito la sua stessa sorte, fino al 1540, data in cui fu ammessa a corte stringendo una duratura amicizia con l’ormai quarta moglie del padre, nonché sua matrigna Anna di Clèves. Il rapporto con Enrico VII non era dei più idilliaci, ma riuscì ad essere ripristinato solo grazie all’intervento della sesta moglie del re, il quale reinserì le sue due figlie nell’atto di successione del 1544, dopo Edoardo, l’unico erede maschio avuto con la terza moglie.

Come tutte le persone altolocate, Elisabetta fu istruita in maniera eccelsa studiando latino, greco, francese ed italiano. Si dimostrò una ragazza estremamente intelligente, colta e con un’ottima memoria, qualità che si sarebbero dimostrate molto utili in futuro.

Nel 1553, il fratellastro Edoardo, il quale era stato incoronato re alla morte del padre, morì di vaiolo, lasciando un testamento nel quale proclamava come sua erede Jane Grey che fu però subito deposta dando la possibilità a Maria d’Inghilterra di tornare in auge, sostenuta ampiamente dal popolo inglese. Questo sostegno svanì molto velocemente per via del suo matrimonio con Filippo di Spagna, azione che la mise in cattiva luce agli occhi dei sudditi. Temendo dunque di poter esser sostituita dalla sorellastra Elisabetta, decise di rinchiuderla nella Torre di Londra, rifiutandosi però di firmare la sua esecuzione. La prigionia continuò per ben due mesi, fino a quando non fu riassegnata a Woodstock, sotto la custodia di un certo sir Henry Bedingfield. Poté tornare a corte solo dopo la presunta gravidanza di Maria I per salvaguardare la successione, poiché si temeva che la regina potesse morire di parto.

La morte di Maria sopraggiunse nel 1558 per via di un tumore, con la conseguente ascesa di Elisabetta, eletta dal Parlamento Inglese, nonostante il dissenso da parte dei cattolici inglesi. Ella si occupò di questioni religiose emanando l’Atto di uniformità: legge che impose l’uso del “Book of Common Prayer” (Libro delle preghiere comuni) per i servizi religiosi, con l’intento di creare un’uniformità religiosa. Abolì il controllo papale sulla Chiesa d’Inghilterra assumendo il titolo di “Supremo Governatore della Chiesa d’Inghilterra”. Inoltre, con l’Atto di Supremazia, stabilì che i pubblici ufficiali prestassero giuramento alla regina e la riconoscessero come capo della Chiesa Anglicana.

Un regno così imponente con una regnante altrettanto eccezionale, naturalmente non ebbe un’esistenza pacifica. La cugina di Elisabetta, Mary Stuart, infatti, si autoproclamò regina d’Inghilterra nel 1559, essendo Elisabetta non riconosciuta legittima dai cattolici. Fu però repentinamente deposta da alcuni alleati della reale regnante.

Nel 1562 contrasse il vaiolo che le deturpò il volto e per poco non la condusse alla morte. Dopo il rischio corso, venne chiesto alla regina di sposare qualcuno o nominare un erede. Lei rifiutò entrambe le proposte, decidendo di continuare ad esercitare il proprio potere in solitudine.

Nel mentre Mary Stuart, nonostante i precedenti dissapori avuti con la cugina, si ritrovò costretta a chiederle aiuto dopo essere scappata dalla Scozia in seguito a delle rivolte capeggiate dal teologo protestante John Knox. Elisabetta decise di imprigionarla per 19 anni. Dopo il ritorno dell’ ”amata” cugina, la nostra regina dovette domare la cosiddetta “Ribellione settentrionale” la quale fu ampiamente sostenuta anche da Papa Pio V con la bolla “Regnans in Excelsis”. Elisabetta, al termine di questa, iniziò a perseguitare i suoi nemici religiosi provocando così, per reazione, varie cospirazioni cattoliche volte a rimuoverla dal trono. Persino Filippo II di Spagna, si rivelò un insidioso avversario, dopo aver attaccato i corsari inglesi. Partecipò anche al complotto Ridolfi, ai danni della regina, il quale venne però scoperto rendendo definitivamente la Spagna una potenza nemica. Quello fu solo il primo di una serie di complotti che portarono alla morte anche Mary Stuart, che fu giustiziata nel 1587. Fu allora che Filippo II decise di intraprendere una guerra via mare con l’Inghilterra, allestendo una flotta di centoquaranta navi, armata da 2.500 cannoni e con a bordo ventimila soldati, rinominata l’Invincibile Armata. Flotta che non si rivelò essere poi così invincibile, subendo una dolorosa sconfitta che la costrinse a ritirarsi.

Nel 1602 la regina cominciò a soffrire di depressione e neppure il ricordo delle sue lunghe passeggiate a cavallo, alle quale non riuscì a rinunciare fino ai 60 anni, riuscì a sollevarle il morale. Morì dunque all’età di 69 anni, pronunciando come ultime parole “Chiamatemi un prete: ho deciso che devo morire”.

IL TEATRO ELISABETTIANO

Durante il suo regno, ci fu un vero e proprio “rinascimento” delle arti. Il teatro in particolar modo vide un fiorente sviluppo grazie alla sovrana che lo amava e difendeva incondizionatamente. Numerosi furono gli scrittori che contribuirono al suo successo come William Shakespeare, Ben Johnson e Christopher Marlowe.

Il primo teatro adibito alle rappresentazioni pubbliche, il Theatre (1576), fu costruito al di fuori del centro storico di Londra. A questo ne seguirono molti altri, come il Globe Theatre, nei quali erano accolte persone di tutte le classi sociali. I più abbienti potevano permettersi, con 2 penny, i posti migliori, le gallerie, avendo la possibilità di sedere persino ai lati del palcoscenico, mentre la restante parte del pubblico poteva assistere allo spettacolo stando in piedi intorno al palco al costo di un solo penny.

Venivano portate in scena commedie erotiche e non, tragedie storiche e vicende che univano realismo e fantasia. Era frequente l’inserimento di elementi tipici delle tragedie in spettacoli comici e viceversa, un tentativo di fusione dei due generi. Il focus, in ogni caso, era incentrato sulla voce e la narrazione poiché non era garantita una ottima visibilità. Questo sia per via della mancanza di sedute apposite e funzionali, sia per la precaria illuminazione; l’unica fonte di luce era infatti rappresentata dalle candele, per le scene notturne, e dal sole, che filtrava dal soffitto scoperto. Proprio per questo motivo non era presente una vera e propria scenografia, la quale veniva completamente descritta dal narratore o dagli attori.

Come si può facilmente intuire, questo teatro non era molto inclusivo. Alle donne non era permesso recitare e tutti i ruoli femminili erano interpretati da adolescenti maschi, costretti molto spesso, a dover recitare più parti durante uno stesso spettacolo.

LA “VERGINE DI FERRO”

“Virgin Queen”, questo è il nome valsole per il suo grande impegno e determinazione nel non volersi maritare. I motivi di questa sua ferrea decisione sono da rintracciare nel suo passato. Le vicende amorose di suo padre non possono di certo essere definite dei buoni esempi, dunque probabilmente non volle sposarsi temendo un destino simile a quello di sua madre. Inoltre, aggiungendo gli abusi subiti a 13 anni da Lord Seymour, fratello della terza moglie del padre, si può facilmente intuire che lei non avesse avuto delle esperienze floride con gli uomini, da qui la sua scelta è quindi comprensibile.

Proprio in onore di questo suo particolare soprannome, la colonia fondata in America Settentrionale prese il nome di Virginia nel 1583.

LA MODA COME STILE DI VITA

Elisabetta fu sicuramente una delle prime icone di stile della storia inglese. Lei aveva sempre riconosciuto quanto la moda potesse comunicare e dire di una persona e lei non era da meno. La sua infanzia fatta di privazioni non fece altro che far sviluppare in lei una sorta di voglia di rivalsa, di provare il proprio valore di donna, che dimostrò nel momento in cui, diventata regina, decise di farsi realizzare più di 2000 abiti da sfoggiare in ogni occasione. Soleva utilizzare i gioielli più sfarzosi per essere sempre al centro dell’attenzione e per dimostrare che, nonostante l’appellativo di “figlia bastarda”, fosse la legittima regina. I vestiti utilizzati erano rigidi e privi di drappi o elementi che esaltassero la sua femminilità, come a rimarcare la sua indipendenza e la sua forza.

Adorava però esaltare anche un’ideale di purezza e verginità, ricoprendosi di perle bianchissime presenti nelle acconciature, sugli abiti o nei vari girocolli. Le perle non erano altro che il simbolo di fedeltà per il suo popolo, per il quale aveva sacrificato la propria vita privata. Promessa altresì rinnovata dalla sua usanza di indossare all’anulare sinistro l’anello ricevuto il giorno dell’incoronazione. Oltre al bianco candido, amava indossare abiti neri come monito della sua forza e saggezza. Rappresentando così la regnante perfetta, il perfetto connubio di innocenza e astuzia, lo yin e lo yang.

Questi, ovviamente non erano gli unici colori da lei indossati. Lei possedeva un guardaroba molto variegato che veniva opportunamente rinnovato in modo da avere sempre abiti nuovi. La scelta del colore indossato dipendeva dal messaggio che Elisabetta voleva trasmettere: il blu richiamava il potere ad esempio, mentre il rosa la felicità.

I vestiti volevano inviare anche un forte messaggio a livello politico. La regina, prima di un incontro con un ambasciatore straniero, sceglieva infatti delle vesti che richiamassero il paese d’origine dell’ospite.

Nonostante questa sua grande passione per la moda, la regina non era solita spendere esorbitanti somme di denaro per i suoi abiti, i quali erano per la maggior parte dei doni.

Il trucco rivestiva un ruolo altrettanto importante nell’immagine che la regnante voleva dare di sé, in particolar modo dopo le cicatrici lasciate dal vaiolo. Tentava infatti disperatamente di coprire quest’ultime sbiancando la sua carnagione con un cosmetico a base di piombo, lo stesso cosmetico tossico che probabilmente la condusse alla morte. Inoltre utilizzava parrucche rosse per celare i capelli bianchi e l’alopecia.

Elisabetta era dunque ossessionata dall’incarnare un’ideale di bellezza perfetto, tentando di nascondere sempre i minimi segni di vecchiaia, servendosi del trucco e della moda come armatura per nascondere le sue debolezze, volendo sempre apparire ineluttabile.

 

IL CORSARO

Sir Francis Drake, un nome una garanzia, o almeno questo valeva per la regina Elisabetta la quale si era circondata di un gruppo di abili corsari denominati “Sea Dogs”. Drake fu un membro di spicco di questo gruppo dedito alla pirateria e alla tratta degli schiavi.

Secondo una leggenda, egli ebbe una presunta relazione con la regina la quale diede alla luce un figlio. Quest’ultimo non seppe mai l’identità della madre poiché ciò avrebbe irrimediabilmente danneggiato la reputazione della regnante. Solo numerosi anni dopo, durante una battaglia, il figlio, ormai convertito al cattolicesimo e lottando per Filippo II, fu catturato dai soldati inglesi. Poco prima della condanna la madre decise di incontrarlo, rivelandogli la sua identità.

 

REGINA O RE?

Come qualsiasi grande personaggio della storia, Elisabetta è attorniata da un alone di leggende.

Secondo una di queste leggende, la vera Elizabeth morì a 9 o 12 anni per via della peste. La sua governante dovendo trovare una sostituta in vista della visita del padre l’indomani, scelse un ragazzino dai capelli rossi molto simile alla bambina, figlio a sua volta di uno dei figli illegittimi di Enrico VII. Questa teoria, mai confermata, fu alimentata da alcune sue abitudini quali quella del suo trucco eccessivo, i vestiti rigidi e ampi, la richiesta di esser vestita solo dalla sua governante, la stessa della sua infanzia, e l’imposizione, alla sua morte, di osservare il suo corpo. Come se non bastasse a metà ottocento fu ritrovata, nei pressi della dimora della piccola Elisabetta, una bara in pietra contenente lo scheletro di una bambina in abiti stile Tudor.

“So di avere il corpo di una debole e fragile donna, ma ho il cuore e il fegato di un re, e per giunta di un re d’Inghilterra.”

Che sia questa una possibile confessione?

di Stefania Capuano