La “cultura dei tetti”: parkour e freerunning

Cos’è il parkour?Contrariamente a quanto molti pensano, il parkour non è “un modo per ammazzarsi” anzi, per gli amanti di questa disciplina, i “tracciatori”(coloro che praticano il parkour/freerunning) è una cultura, la cosiddetta “cultura dei tetti”.

La stragrande maggioranza della gente pensa che il parkour sia troppo pericoloso, esprimendo un giudizio a “prodotto finito”: vedono solo il risultato finale e non la preparazione e l’dea che sta dietro ad ogni “percorso”, fattori indispensabili se si ha cara la vita e si ama questa “cultura”. Il parkour è sicuramente rischioso, ma non lo è anche qualsiasi altro sport quando viene praticato male? E’ fondamentale avere una
passione per lo sport in questione e facendolo nella maniera corretta i rischi scompaiono.
Le origini del parkour, se paragonato ad altri sport, sono piuttosto recenti, in quanto risalgono agli inizi del XX secolo, quando un gruppo di marines francesi , stupiti dalle capacità di movimento di alcuni indigeni delle isole dei Caraibi, decisero di studiarne l’agilità. In particolare, George Herbert creò un allenamento e, una volta ultimato, lo propose agli altri marines e uno di questi, Raymond Belle, lo insegnò a suo figlio che sarebbe diventato il fondatore del parkour, David Belle (foto in basso).

Come in altri sport, anche del parkour esistono delle varianti. La più conosciuta è il “freerunning”, molto simile al parkour, la cui unica differenza sono i flip e i vault, acrobazie in aria o per oltrepassare ostacoli.

Il parkour è il modo più efficiente per arrivare da un punto A ad un punto B, mentre il il freerunning è il modo più creativo e divertente per intraprendere lo stesso percorso e intorno al quale hanno luogo alcune competizioni. La più eclatante è la “rebull Art of motion” che ha luogo annualmente nel periodo estivo in luoghi del mondo sempre differenti. Quest’anno la competizione si è svolta in Italia, a Matera. Il
vincitore è stato Didi Alaoui (nella foto, in basso).

Emanuele Prestipino, III B sa