Questi tre mesi sono stati i miei preferiti di sempre.
Premetto che, a differenza di molti ragazzi, mi ritengo più fortunato perché ho una stanza tutta mia, un bagno che non condivido con nessuno, attrezzatura tecnologica avanzata e una buona connessione internet, tutte queste fortune mi permettono di trascorrere al meglio questa quarantena.
In questi mesi sono molto più autonomo di prima: ho i miei orari per fare quello che mi piace tenendo in considerazione i compiti e lo studio; infatti, tranne qualche problema all’inizio, mi sento molto più produttivo del solito.
Ho finalmente tempo per dedicarmi a quelle passioni a cui, per un motivo o per un altro, non potevo dedicarmi prima della pandemia.
Non andando a scuola ho più tempo per stare con la mia famiglia, a tavola non si parla più solo dei problemi quotidiani ma anche di altri argomenti, ho più tempo per giocare con i miei cani e gatti, fare esercizio fisico per mantenere il lavoro svolto nell’arco del 2019 e inizio 2020, posso aumentare le mie conoscenze concernenti la musica, l’ambito cinematografico, videoludico e geopolitico. Inoltre, ho più tempo per leggere libri che prima non conoscevo o di cui avevo sentito solo parlare.
Ho scelto queste tre foto perché rappresentano a 360° i regali più belli che ho ricevuto da questa quarantena.
La prima immagine, partendo da sinistra, è una foto di Jimi Hendrix al Miami pop festival del 1968, uno dei suoi concerti più famosi.
Ho scelto questa foto poiché adoro il chitarrista in questione e perché in questo particolare momento, ho avuto l’opportunità di ascoltare molta più musica di prima, scoprire tanti generi musicali che prima non conoscevo e con questo mi collego alla seconda immagine che rappresenta un disco di Son House, cantautore e precursore del delta blues vissuto tra il 1902 e il 1988.
Ho scelto lui come rappresentante del genere che più sto ascoltando in questo momento ovvero le origini del blues a partite dall’inizio del 1900, perché mi ha colpito particolarmente una sua canzone intitolata “Grinnin’ In Your Face” perché è riuscito a cantare in modo perfetto e commovente tutto il dolore che hanno provato gli schiavi sulla loro pelle in quegli anni.
Insieme a Star Spangled Banner di Hendrix sono le canzoni che più mi hanno commosso.
Come ultima, ma non per importanza, ho scelto il logo di Final Fantasy 7: videogioco del 1997 che ho giocato dall’inizio di marzo fino ad adesso.
Solitamente sento dire che i videogiochi sono inutili alla formazione, diseducativi, incitanti alla violenza e creano dipendenza.
Mi sento in dovere di smentire queste critiche partendo col dire che è provato scientificamente che qualsiasi gioco non può portare in nessun modo all’uso della violenza ma, possono portare a stati di angoscia e paura relativa alla quantità di violenza in un determinato videogioco, questo succede perché i genitori, al posto di comprare qualcosa adatto all’età del figlio, preferiscono dare la carta di credito e permettergli così di farci ciò che vogliono.
I videogiochi secondo me, possono essere molto educativi e utili alla formazione: nel mio caso Final fantasy 7, che mi ha emozionato, divertito e istruito, dato che l’ho finito interamente in inglese pur essendo una storia complessa ed intricata.
Penso che i videogiochi debbano essere presi più seriamente ed essere calcolati all’interno della società sia come svago, sia come delle opere in sé,poiché la lavorazione dietro ad un progetto di questo calibro è paragonabile all’impegno complessivo per scrivere un libro o la sceneggiatura di un film.
Riccardo Levanti, 3E
I.C. Biella3- Marconi