Vento del Nord

Il 24 maggio 2012 alla presenza dell’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano avvennero dei funerali particolari a Corleone. Sì perché il defunto in verità era scomparso nel nulla la sera del 10 marzo 1948. Stiamo parlando di Placido Rizzotto, segretario della Camera del lavoro di Corleone, vittima della mafia come tanti altri sindacalisti prima e dopo di lui.

Ho appreso la storia di Placido Rizzotto credo sei anni fa, quando ragazzino ho assistito ad uno spettacolo, un “cunto” per l’esattezza, dell’artista augustano Alessio Di Modica dal titolo “Ossa”. In esso due storie si intrecciano “La fiaba dell’osso che canta”, un racconto popolare, e la vicenda purtroppo reale di Placido Rizzotto, le cui ossa anche alla fine canteranno.

La storia di Placido è veramente emblematica e testimonia come la mafia uccide sì gli uomini, ma non ne può oscurare la grandezza e le azioni. Nato a Corleone, dove la terra era in mano alla mafia latifondista, Placido era un contadino semianalfabeta il cui padre era stato in carcere per omertà mafiosa.  Partecipa alla Seconda guerra mondiale, ma dopo l’armistizio fa una scelta che gli cambierà la vita, diventa partigiano lottando contro i nazifascisti in Carnia.

Placido imparò lì che gli uomini nascono tutti uguali e liberi e che occorreva lottare per affermare questi diritti naturali, anche a rischio della propria vita.

Ed è quello che fece quando ritornò a Corleone, insegnando ai poveri contadini a non piegare la testa davanti ai latifondisti. Ed essi lo seguirono occupando le terre incolte o mal coltivati con le bandiere rosse al vento. “Vento del Nord”,così chiamavano Placido, perché aveva portato in quell’angolo remoto della Sicilia un nuovo spirito ribelle.

Ma se ne accorsero anche i signori della lupara che la sera del 10 marzo 1948 lo ammazzarono, buttandone le ossa in qualche dirupo di montagna. Zittire per sempre Placido tuttavia non bastò a fermare il sindacalismo: infatti a prendere il posto di Placido arrivò a Corleone Pio La Torre, il futuro dirigente del PCI, che per il suo impegno contro la mafia, morirà assassinato a Palermo nel 1982. Per uno strano caso del destino nella storia di Placido vi fu il convergere anche di un’altra grande figura della lotta a Cosa nostra: per indagare sull’omicidio dì Placido arrivò a Corleone il giovane capitano dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, che scoprì gli assassini, ma che troverà anche lui la morte come prefetto a Palermo sempre nell’82.        .

La mafia del feudo aveva i giorni contati. Finalmente il 22 novembre 1950 arrivò la tanto attesa riforma agraria, che se non riuscì a risolvere del tutto il problema della miseria dei contadini (questa è un’altra triste storia), segnò però la sconfitta di quel tipo di criminalità organizzata legata ai latifondi.  

Per sessant’anni Placido Rizzotto fu cercato invano.  Il 7 luglio 2009 all’interno di una foiba di Rocca Busambra a Corleone vennero trovati dei resti, ma solo nel marzo del 2012 l’esame del DNA, comparato con quello estratto dal padre Carmelo, riesumato per lo scopo, ha confermato che essi appartenevano a Placido.

Oggi a otto anni dai suoi funerali di stato e settantadue anni dopo la sua barbara uccisione, la memoria di Placido Rizzotto è sempre viva, egli è un esempio da seguire.  La sua eredità è quella di averci indicato la via per arrivare alla giustizia. “Per farsi rispettare c’è bisogno delle parole e di una buona penna…non di atti intimidatori” -diceva.

Alla fine Placido Rizzotto e tutti gli altri sindacalisti uccisi hanno vinto, e anche se la cultura mafiosa permea molti strati della società non solo siciliana, tanti sono anche i giovani e cittadini onesti disposti a lottare.

Luca Amato 5AL