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Il Baracca dei giorni nostri: un volo lungo una vita. L’intervista a Giancarlo Zanardo

Di Cristian Mattiuzzo

“Di morte in morte, di mèta in mèta, di vittoria in vittoria”. Così comincia il suo inno senza lira, così principia il salmo di questo re.” così terminava il discorso funebre di D’Annunzio all’asso degli assi dell’aviazione italiana Francesco Baracca (1888-1918). il pilota si schiantò con lo Spad XIII sul Montello ove ora sorge il sacello a lui dedicato. Lì, una settantina d’anni fa, un bambino in gita scolastica si fece una promessa: un giorno avrebbe ricostruito l’aereo della leggenda. Quel bambino era Giancarlo Zanardo, classe ‘39, pilota per passione e costruttore di fedeli riproduzioni di aerei d’epoca. Incuriosito, ho deciso di intervistarlo.

Cosa la appassiona agli aerei d’epoca?”

A me interessano gli aerei d’epoca per provare le emozioni che sono state ad appannaggio dei pionieri del volo.

Cosa la spinta a costruire l’aereo di Francesco Baracca?
Alle elementari sono andato con la maestra al sacello e sono rimasto affascinato da quel pilota e lì mi son promesso che un giorno avrei voltato con un aereo come il suo e ho mantenuto la promessa

All’inizio del progetto cosa si aspettava dal risultato finale?
Zanardo: “Non avevo dubbi di avere un aeroplano con caratteristiche ottime, innanzitutto perché sapevo che lo Spad XIII oltre ad essere quello con la forma e la livrea più accattivante, era il caccia migliore della Grande Guerra e fu uno degli aerei di Baracca, lui
ha guidato il VII e il XIII

Durante la realizzazione del progetto ha riscontrato dei problemi?
Zanardo: “Non ci sono problemi, con i progetti originali in mano e seguendoli fedelmente il risultato sarebbe stato identico a quello di 100 anni fa. Anche se ho dovuto cambiare il motore per motivi regolamentari. Ovviamente ho dovuto cambiare anche tutta la strumentazione dato che ogni motore ha la sua e aggiungere una radio per poter parlare con gli organi di volo. Un’altra modifica sostanziale è stata l’aggiunta del ruotino e dei freni alle ruote per potersi fermare in sicurezza.

Lei non ha fatto solo uno Spad ma bensì due…
Sì è vero. Il primo che ho fatto, nel 2006, è ora al museo del Piave a Vas. Il secondo invece è qui al campo volo della fondazione Jonathan ed è l’unico volante in Italia e con cui faccio molta attività di volo

Come ha già detto lei, il suo Spad XIII è l’unico voltante in Italia, cosa ha provato mentre volava su quell’aereo?
Mah, ovviamente c’è la soddisfazione di esser riuscito a costruirlo e averlo fatto volare. La prima cosa che ho fatto con l’aereo è stato sorvolare il sacello di Baracca. La prima volta che ci voli non hai tempo di vivere le emozioni, sei molto concentrato e devi capire subito se l’aeroplano è controllabile e risponde ai tuoi comandi.

Cosa prova a vedere quell’aereo a cui lei ha dedicato tanto tempo fermo a “prendere la polvere”?”

Beh non è che prende polvere. I motori li andiamo ad accendere ogni 15 giorni per evitare ossidazioni ed andiamo in volo almeno una volta ogni 3 mesi per far uscire l’umidità. La cosa che ti dispiace di più è non poter fare voli in celebrazioni perché non ce n’è
richiesta per via del covid”

Al compimento del lavoro cosa ha provato? Ha soddisfatto tutte le sue attese?
Sicuramente sì, diciamo che è sempre legato all’esperienza di pilotaggio di questo tipo di aerei. Ho visto che volando ha rispettato esattamente ciò che mi aspettavo, anche perché le caratteristiche di volo di quell’epoca le conosciamo e l’aeroplano le ha rispettate.

Ultima domanda. Cosa consiglia chi vuole avvicinarsi a una passione come la sua?
Zanardo: “è ovviamente una passione, ma il volo è una cosa che uno deve sentirsi dentro. Io ho subito avuto voglia di volare e di costruire. Lo scopo era di realizzare un piccolo museo che a grandi passi raccontasse la storia del volo. Dal primo aero, quello dei fratelli Wrighte nel 1903, il Flyer 1, al Blèriot XI, aereo con cui fu fatta la traversata della Manica, e poi via via con altri aerei. Cosa consigliare a chi vuole avvicinarsi al volo? Deve aver voglia di farlo. Cominciare con l’aereo-modellismo per apprendere la aero-dinamica e iniziare a costruire, prendere il brevetto di volo con una scuola di volo, nel mio caso a Treviso, e non smettere
mai di aver voglia di imparare. Quindi è un’intera vita dedicata al volo.”

La mia impressione è che lei sia davvero eccezionale…
Beh ti dico non mi sento eccezionale come pilota, forse quello che mi è più congeniale è il fatto di non mollare mai. Per esempio per il Flyer se è riuscito a volare non è stata una cosa da poco, ci ho impiegato molto tempo per capire come funzionava, passavo
la notte a pensare come migliorare l’aero, provavo, se non funzionava cambiavo strategia, e infine funziona. È stata una responsabilità molto grande quella di volare con quell’aereo e provare che era governabile. Posso raccontarti anche un aneddoto: sono venuti a trovarmi due scienziati della NASA che hanno provato a metterci un computer e far volare il Flyer ma non ci sono riusciti. Non perché non sono in grado di farlo ma perché non hanno la sensibilità che io ho maturato negli anni”

Prossimo progetto?
Completare il Caproni Ca. III di cui ho fatto il collaudo però ora dovrei modificare i motori perché siano regolamentari, ma al momento i costi sono proibitivi.”

Questa è la fantastica storia di un sogno che un uomo ha trasformato in realtà