La pena di morte

Introduzione: Simulazione di un dibattito svolto in classe riguardo alla pena di morte.

Salve, sono Giulia e oggi rappresento il terzo speaker della squadra contro; nello specifico mi occuperò di portare avanti le argomentazioni del secondo speaker della mia squadra.

Il comma 1 dell’articolo 2 recita: “Il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Nessuno può essere intenzionalmente privato della vita…” Ritroviamo invece più interessante la prima frase dell’articolo 3: “ Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della persona…”

La vita, prima ancora di figurare nell’elenco dei diritti fondamentali della persona, è un valore assoluto, perché incarna la dignità umana cui ineriscono, come proclama l’articolo 1, tutti i diritti.

Abbiamo quindi l’obbligo di difendere la vita, anche a prescindere se ne è stata tolta una. Non c’è posto né per la pena di morte né per la guerra, perché si quello che facciamo agendo in questo modo è aprire un circolo vizioso senza fine. Se tu uccidi allora io uccido te. Vi sembra giusto? É questo un buon insegnamento? Non esiste una guerra giusta o una morte giusta. Come anche ci insegna la storia da un conflitto si arriva a un altro conflitto e si abbiamo pure assistito a tante contrattazioni o stipulazioni di pace ma quest’ultime non hanno mai svolto la funzione di deterrente. Non abbiamo mai smesso di commettere una guerra solo perché ci siamo interfacciati con le tante morti che ne conseguivano o le distruzioni o le crisi economiche.

Siamo quindi in dovere di mettere al primo posto la vita di qualsiasi persona, provvederà poi la legge a infliggere la giusta-e ci tengo a sottolineare questa parola- pena, la più gravosa possibile purché non si vada a infierire sulla vita di un’altra persona. Nel compiere un atto del genere andremmo anche a infliggere una pena nei confronti della famiglia del colpevole, sottoponendo in questo modo i membri, innocenti, a un dolore che non gli spetta, una ulteriore dose di violenza, seppure esercitata dallo stato. É un dolore a cui si devono già preparare. Ne conoscono l’ora e la data. Una morte indolore, rapida. Ma in questo modo non sottoponiamo il nostro colpevole a una sorta di riabilitazione, non gli diamo nemmeno il modo di scontare un’effettiva pena. E questo talvolta può essere più utile o difficile da sopportare della morte stessa.

Sette persone sono state messe a morte in Iran per reati commessi quando avevano meno di 18 anni. Minorenni condannati a morte negli anni passati siano tuttora detenuti nei bracci della morte di Arabia Saudita, Iran, Pakistan e Sudan del Sud.11

Persone con disabilità mentali o intellettive sono state condannate o messe a morte in diversi paesi, tra cui Giappone, Maldive, Pakistan e Stati Uniti d’America.

Nella maggior parte dei paesi in cui le persone sono state condannate o messe a morte, la pena capitale è stata comminata dopo procedimenti giudiziari non in linea con gli standard internazionali sul giusto processo. Tra questi, Arabia Saudita, Bangladesh, Bielorussia, Cina, Corea del Nord, Egitto, Iran, Iraq, Malesia, Pakistan, Singapore e Vietnam.

In diversi paesi, inclusi Arabia Saudita, Egitto, Bahrain, Cina, Iran e Iraq, alcune incriminazioni e sentenze capitali sono state basate su confessioni” probabilmente estorte con la tortura o con altri maltrattamenti. Sentenze capitali sono state imposte senza che l’imputato fosse presente al processo.

Ci terrei ora a spendere due parole su come si muore con le iniezioni letali. La morte avviene dopo la somministrazione di tre sostanze: il Midazolan, capace di ridurre al minimo la consapevolezza del condannato su quanto gli sta succedendo; la seconda sostanza è il Vecuronio Brumuro, che ha la funzione di rilassare e bloccare l’attività muscolare; la terza iniezione è a base di Cloruro di Potassio, che paralizza totalmente il movimento cardiaco. Molto spesso i condannati muoiono dopo la seconda iniezione, ma se questo non accade, nell’arco di tempo che intercorre tra la seconda e la terza somministrazione, la persona – pur se paralizzata e senza mostrare alcun segno di sofferenza – in realtà prova fortissimi dolori e un generale senso di bruciore in tutto il corpo. Dobbiamo a questo punto riflettere sull’umanità di un gesto simile: privare volontariamente della vita un essere umano seppur colpevole.

Giulia Nuzzo IVC cl