• Home
  • Blog
  • Articoli
  • Cronache di Spogliatoio: per capire il futuro si devono guardare i giovani

Cronache di Spogliatoio: per capire il futuro si devono guardare i giovani

Intervista a Giulio Incagli che racconta se stesso e la storia di Cronache di Spogliatoio, il media con numeri da record

di Pietro Speroni, 1B 

Giulio Incagli, è un imprenditore, amministratore delegato e co-fondatore di Cronache di spogliatoio,  scrittore e giornalista, che ha lavorato anche per La Nazione.

Cronache di Spogliatoio è un media verticale che si pone come obiettivo principale di traghettare l’informazione dai media tradizionali ai nuovi mezzi di comunicazione, i social network, portando così l’informazione a noi ragazzi sempre più lontani da Tv e giornali.

È multipiattaforma perché il brand Cronache comunica su Instagram, su Youtube, su Spotify, su Twitch, su Tik Tok in modo diverso.

L’azienda Cronache di Spogliatoio SRL ha settantadue dipendenti che svolgono determinati lavori, chi il giornalista, chi il videomaker, chi il video editor, chi il project manager (colui che stipula gli accordi con i brand della pubblicità per esempio  Coca-Cola  perché Cronache di Spogliatoio monetizza con i “branded content”, le pubblicità), poi ci sono i volti, coloro che appaiono nei video, nei podcast, nelle live come Giulio Incagli, Stefano Borghi, Riccardo Trevisani, Gianluca Fraula, Giuseppe Pastore, poi c’è il regista, colui che gestisce le dirette.

Cronache di Spogliatoio quindi è un media come Sky, come Dazn, come la Gazzetta dello Sport solo che c’è una differenza, Cronache è formata da ragazzi giovani, senza una carriera giornalistica “alle spalle”.

Come si può diventare un dipendente di Cronache di Spogliatoio?

Per diventare un dipendente di Cronache di Spogliatoio, ovviamente l’età minima è di 18 anni, ci sono due modi: il primo, quello più rapido, è di partecipare alla “Cronache Academy”, la scuola di Cronache, dove si viene preparati al mondo giornalistico e a quello dell’azienda. Finite le “lezioni” i migliori lavoreranno per Cronache, prima con uno stage e poi con un contratto.

La prima “Cronache Academy” è stata creata a settembre 2022 e, adesso, Cronache di Spogliatoio ha assunto quattro ragazzi che vi hanno partecipato.

Invece, il secondo metodo, quello “più lungo”, è che Cronache noti un giornalista e lo assuma.

Il problema del giornalismo è che non esistono oggi molti sbocchi, è molto complicato trovare una collaborazione stabile perché non esistono aziende sane: “La Gazzetta dello Sport” fa fatica perché voi ragazzi a scuola non leggete il giornale, Sky fa fatica perchè  non guardate la televisione, Radio Deejay fa fatica perché  non ascoltate la radio; Cronache di Spogliatoio non fa fatica perché  guardate Instagram, Tik Tok, YouTube.

– Com’è nata la tua passione per il giornalismo? Hai sempre voluto fare il giornalista sportivo?

La mia passione per il giornalismo è nata subito dopo quella per il calcio, sorta da quando sono veramente molto piccolo; la Fiorentina è stata la mia ragione di vita per molti anni da ragazzino.  Poi, piano piano mi sono sempre appassionato quasi più al racconto intorno al calcio che del calcio stesso. Quando ero più piccolo di te collezionavo i DVD che uscivano il lunedì con la “Gazzetta dello Sport” per vedere le gesta dei grandi del “Pallone d’oro” (Johan Cruijff, Roberto Baggio, Ruud Gullit). 

Poi a quattordici anni guardavo Skysport24 tutto il giorno, a ruota.

Un giorno dissi a mio padre che da grande avrei voluto fare il giornalista sportivo e lui mi chiese che lavoro intenedessi fare. Io, convintissimo sul mio futuro, risposi che volevo diventare un giornalista sportivo, perché era la mia passione.

A scuola mi piacevano molto le materie umanistiche (storia, filosofia, letteratura) e quindi a diciotto anni, viste le mie passioni, decisi di fare il giornalista sportivo e mi iscrissi a Lettere moderne.

Poi, dopo che divenni un giornalista, quando avevo vent’anni, nella sala stampa della Fiorentina, alcuni colleghi più esperti che lavoravano per le grandi testate mi dissero che questo lavoro non potevo farlo… Allora mi sono costruito un’azienda per farlo, perché per me c’era solo il piano A:   ho speso quasi  tutto me stesso per me realizzarlo.

– Ti saresti aspettato tutto questo successo di Cronache di Spogliatoio?

Non vorrei sembrare presuntuoso ma sì, me lo aspettavo, perché Cronache a differenza degli altri progetti nati sui social network è nato “al tavolo” cioè, io e Stefano Bagnasco (il mio socio, la mia guida) ci siamo seduti nel 2017 con l’idea di creare un progetto giornalistico sui social network:  portiamo l’informazione alla generazione Z e seguiamo delle tappe precise e, queste tappe le stiamo continuando a seguire e rispettare. Adesso ho un sogno: vincere il Leone d’oro di Venezia con un documentario.

– Come hai capito l’importanza di cambiare “modo di fare giornalismo”?

Grazie a mio fratello che vedevo sempre su YouTube, ma anche grazie ad un’esperienza personale che ho vissuto in Russia nel  2017 mentre lavoravo per Radio 105.

Nel 2017 vado appunto in Russia alla  FIFA Confederations Cup. Lì conosco tre ragazzi spagnoli che fanno i giornalisti sportivi ad alto livello su YouTube. Questa cosa mi stupisce perché nel 2017 in Italia il giornalismo era solamente cartaceo e non si pensava nemmeno a ciò che sarebbe accaduto nei cinque anni seguenti.

Quando poi sono andato a vedere la pagina, mi si è aperto un mondo: 500 mila followers, video con Xavi e Andrés Iniesta (due dei maggiori esponenti del calcio iberico e mondiale) sponsorizzati dalla birra più famosa di Spagna, Mahou Cinco Estrellas

Allora finita la “spedizione” in Russia sono tornato in Italia e poi sono subito andato in Spagna a studiare questa nuova realtà.  E lì ho capito come si poteva creare Cronache perché avevo “il precedente”:  andavo in giro con un power-point (che spiegava il progetto) a cercare fondi. Erano tutti scettici, ma, alla fine ho trovato Stefano Bagnasco, che è stato il mio “salvatore”.

– Lo sviluppo tecnologico ha influito sull’ampliamento di Cronache?

Lo sviluppo dei device è stato importante ma, soprattutto leggere in anticipo le evoluzioni dei comportamenti è fondamentale; vedendo mio fratello, io vedevo un ragazzo che rideva guardando sul telefono un video su YouTube, mentre io stavo scrivendo per un giornale o lavoravo per la radio e quindi ho capito che questi device avrebbero cambiato radicalmente le abitudini delle persone, perché mio fratello faceva già così, quindi anche noi presto lo avremmo fatto.

Perché per capire il futuro si devono guardare i giovani ma, cosa ancora più fondamentale, si deve guardare all’estero perché in molte cose, tecnologia in primis, sono più “avanti”.

Le tecnologie aiutano molto ma non bisogna dipendere da loro, bisogna anteporre sempre il giornalismo davanti a tutto; infatti, il brand Cronache deve essere sempre più forte delle piattaforme, più forte dei flussi, non deve rimanere una moda, ma entrare nella nuova cultura popolare, in modo che tra dieci anni si parli sempre di Cronache senza adeguarsi solo ai trend del momento, ma valutandone la qualità. 

– Avete avuto dei momenti di difficoltà?

Sì l’incomprensione del progetto era alla base delle prime difficoltà: nessuno ci ascoltava, nessuno ci credeva, nessuno ci dava credito. Ancora oggi, noi paghiamo  gli oneri di essere Cronache, perché, per esempio, Dazn, quando gli fa comodo ci tratta come la pagina instagram con cui collaborare, quando gli fa comodo ci tratta come il “competitor” quindi mette le esclusive ai propri giornalisti di non lavorare con Sky, Mediaset, Prime Video e Cronache di Spogliatoio, solo che gli altri sono dei colossi multimiliardari, noi siamo ancora all’inizio, quindi se mi metti in quel “campionato” fammi allora fatturare come gli altri “partecipanti”, altrimenti non becco lati positivi ma, solamente negativi.

Ma, non meno difficile è stato partire in due e ritrovarsi in più di settanta o, partire con l’idea di diventare giornalista e poi ritrovarsi a fare l’imprenditore o lo psicologo, perché devi gestire i dipendenti, devi trovare i fondi, devi parlare con le banche, devi fare tante cose, come organizzare il lavoro degli altri ma, devi anche fare il giornalista perché alla fine il mio campionato è quello dei giornalisti dove voglio risultare il più preparato, il più empatico e, allo stesso tempo devo riuscire a gestire tutte le altre situazioni con le vesti di imprenditore, però …. lo rifarei tutta la vita, è la cosa migliore del mondo.

 – Quali sono i vostri obiettivi per questo 2023?

Voglio raccontare storie calcistiche nei luoghi dove sono nate o stanno nascendo, quindi ad aprile andrò un mese e mezzo a Napoli e racconterò il terzo scudetto del Napoli attraverso l’occhio dei napoletani, quindi faremo un docufilm di un’ora sul Napoli stando a Napoli con una produzione inglese internazionale. Questo è il mio obiettivo da quando ho creato Cronache.

Per questo sto studiando spagnolo da tre anni perché voglio andare in Sudamerica a raccontare il Superclasico (Boca Juniors vs River Plate), il derby di Bogotà, il derby di Città del Messico: questo è il mio macro obiettivo.

Il format si chiamerà “Barrios” (in spagnolo significa quartiere) e sarà quindi un racconto sui quartieri del mondo con il calcio, raccontando storie, aneddoti e punti di vista delle persone con un  io narrante.

Questo format io lo sto progettando da molto tempo e, se ho capito una cosa da Cronache è proprio questa: se mi pongo un obiettivo, non devo usare la scorciatoia per svolgerlo perché non è interessante, non è stimolante ma, soprattutto dà solamente un risultato a breve termine. Se invece si imbocca  la strada più lunga, si va contro corrente, si si ottiene un prodotto di qualità molto più interessante e stimolante.

– In questi ultimi mesi hai intervistato tre grandi telecronisti: Sandro Piccinini, Riccardo Trevisani e Francesco Repice, quali altri telecronisti di questo calibro vorresti intervistare?

Purtroppo mi sto scontrando con le loro aziende, quindi Dazn e Sky, però i prossimi che vorrei intervistare sono: Stefano Borghi, Flavio Tranquillo, Fabio Caressa, poi vorrei fare la Gialappa’s Band che ha una storia pazzesca, inoltre sono uno dei pochi “gruppi” che fanno comicità sul calcio preparandosi.

Poi vorrei fare un progetto con la musica con Esse Magazine intervistando Ernia, Lazza sul calcio.

– Oltre ai telecronisti Cronache di Spogliatoio intervista (quasi quotidianamente) giocatori italiani o  che giocano in Italia, vorreste “ampliare il campo” anche intervistando giocatori stranieri o che giocano all’estero come Joao Felix? Chi vorreste fosse il primo?

L’internalizzazione di Cronache è un obiettivo che ci poniamo e che speriamo di raggiungere dal 2025 in poi, prima a Madrid in Spagna, poi nel mondo inglese. Personalmente sono un po’ stanco del calcio e basta, vorrei ampliare, mi piacerebbe però intervistare come figura internazionale Josep Guardiola.

– Quali sono state le interviste che ti hanno emozionato di più?

L’intervistaper cui mi sono detto  “Wow che bello” è stata quella con Sandro Piccinini. Come interviste a   calciatori invece sono state tre: la prima quella con Bruno Fernandes: ero molto felice perché sembrava inarrivabile, poi mi è piaciuta molto quella a Gerard Deulofeu, che secondo me è uno dei più vogliosi di migliorare, e un’altra bella è stata quella a casa di Marten De Roon.

– Escluso il giornalista sportivo quale altro lavoro avresti voluto fare?

Il filologo, ovvero colui che studia i testi. O sennò proverei a fare il giornalista generalista e non sportivo.

– Ti piacerebbe fare il telecronista?

Adesso no, l’ho accantonato; ma prima, quando avevo la tua età ci pensavo; poi ho anche avuto la possibilità in radio ma non mi sono piaciuto e quindi non ho continuato.

– Quali cinque derby fuori dall’Italia vorresti vedere? E in Italia?

I cinque derby fuori dall’Italia che vorrei vedere sono: il Superclasico Boca Juniors contro River Plate (derby di Buenos Aires, Argentina), il derby di Casablanca (Marocco) Wydad Athletic Club contro Raja Club Athletic, poi, Galatasaray contro Fenerbahce (derby di Istanbul, Turchia), il derby di Rosario sempre in Argentina (Rosario Central contro Newell’s Old Boys) e infine il derby della Galizia, Celta Vigo contro Deportivo La Coruna.

In Italia vorrei fare un “Derby days”, dopo che ho finito di girare i docufilm per il mondo, ma il derby che mi stimola, al momento è solo quello della Lanterna: Genoa contro Sampdoria.

– Quale consiglio daresti ai futuri giornalisti?

Fatevi domande e mettete alla base della vostra vita la parola curiosità, senza quella parola non potrete fare questo lavoro degnamente, lo farete in fila; dovete essere curiosi di capire, scoprire, di prepararvi, perché preparandosi ci si appassiona di più all’argomento dell’intervista e la si svolge meglio. Dovete essere stimolati, dovete dare da “mangiare” alla vostra curiosità.

Iniziate già da giovani come se foste professionisti, siate critici e pensate a come avreste fatto voi una determinata intervista.

Trasformate le vostre passioni nel vostro lavoro.  

Intervista che a breve sarà anche disponibile sulla pagina Instagram intervistando_calcio