• Home
  • Blog
  • Articoli
  • QUARTO INCONTRO Più uguali che diversi – La comparsa dell’uomo

QUARTO INCONTRO Più uguali che diversi – La comparsa dell’uomo

Per il terzo incontro del progetto “Più uguali che diversi”,tenutosi il giorno 20 Febbraio, ci siamo recati al Museo della preistoria “Luigi Donini” del Comune di San Lazzaro, dove abbiamo potuto approfondire e ricostruire le fasi che hanno portato alla formazione dell’uomo moderno.

In questo nostro percorso siamo stati guidati dall’archeologa dott.ssa Carlotta Trevisa nello che ci ha spiegato come i primi ominidi si siano formati all’incirca sei/sette milioni di anni fa in Africa, in seguito alla scissione di un ceppo appartenente alle scimmie catarrine in due discendenze, quella delle antropomorfe e quella degli ominidi.

I primi ominidi che praticavano il bipedismo sono rappresentati dagli australopitechi.Una delle prime testimonianze al riguardo è stato il ritrovamento dell’australopiteco Lucy, della quale, grazie alla ricostruzione, abbiamo potuto notare che l’aspetto era ancora molto simile a quello di una scimmia in grado però di camminare sugli arti posteriori. A causa della forma del cranio Lucy aveva una vista poco sviluppata.

Dall’australopiteco si sono in seguito sviluppate le prime forme umane identificate nell’Homo abilis all’incirca due milioni di anni fa.

Il termine homo viene usato per indicare gli ominidi successivi all’australopiteco, dato che questi hanno acquisito delle caratteristiche che li hanno resi sempre più simili all’uomo moderno e meno alla scimmia.

Nell’Homo habilis, ad esempio, si è sviluppato il pollice opponibile. Questo gli ha permesso una maggiore manualità e gli ha consentito di creare i primi strumenti di pietra: i chopper, utilizzati per tagliare la carne.Un’altra sua caratteristica fondamentale era che, per adattarsi all’ambiente caldo della savana africana, ha perso la maggior parte del pelo che lo ricopriva.

Successivamente prima comparve l’Homo ergaster,che fu la prima specie che un milione di anni fasi spostò dall’Africa e andò verso l’Europa e l’Asia, e poi l’Homo erectus, il quale fu il primo ominide a possedere il concetto di simmetria, come si ricava dall’amigdala, uno strumento a forma di mandorla, che veniva usato per tagliare l’erba e per intagliare le punte delle lance che venivano utilizzate per cacciare.Un’altra invenzione molto importante da attribuire all’Homo erectus è la scoperta del fuoco, che fu rivoluzionaria e fondamentale per lo sviluppo delle specie successive.

Altri ominidi che hanno segnato delle tappe evolutive furono l’Homoneanderthalensis, che prende il nome dalla valle di Neander presso Düsseldorfin Germania, dove fu ritrovato, e l’Homo floresiensische si sviluppò in Indonesia.

Tutte queste continue evoluzioni hanno fatto in modo che si sviluppasse 150.000 anni fa l’uomo moderno ovvero l’Homo sapiens, che al contrario dei suoi predecessori, ha cominciato a trasformare l’ambiente in modo che si adattasse alle sue esigenze. E’ l’Homo sapiens che 20.000 anni fa si portò dall’Asia in America e Australia.

La guida inoltre ci ha spiegato che è errore comune pensare che l’evoluzione degli ominidi sia avvenuta secondo una successione lineare delle varie specie, perché esistevano fin dall’inizio diverse specie e ognuna di esse ha fornito alcune delle caratteristiche che hanno permesso la nascita dell’uomo. Per capire questo concetto ci è stato mostrato un grafico a forma di albero sul quale erano indicati tutti i predecessori dell’Homo sapiens.

Inseguito Carlotta ci ha mostrato in che modo l’Homo erectus accendeva il fuoco. Egli sfregava una scheggia di selce su una pietra focaia, riuscendo a produrre delle scintille che cadevano sopra a un pezzo di fungo seccato e tritato, provocando una combustione. Poi soffiando sulla brace così formata e aggiungendo della corteccia, si è sviluppato un vero proprio fuoco.

Prima di spostarci in un’altra sala, Adams ha chiesto alla guida se questi uomini erano in grado di parlare e se possedevano un linguaggio. La risposta è stata chele condizioni anatomiche per il linguaggio umano si sono realizzate nell’Homo erectus con l’abbassamento della laringe che ha ampliato la cavità faringea, consentendo l’emissione di suoni a cui aggiungere anche una certa mobilità della lingua.Non sappiamo però se utilizzavano un linguaggio vero e proprio.

Nella seconda sala era ricostruita la flora e la fauna durante l’ultima glaciazione(110.000/10.000 anni fa). Qui erano presenti alcune riproduzioni di animali tra i quali il megacero e il leone delle caverne,che nel corso degli anni si sono estinti, perché erano troppo specializzati e di conseguenza non erano in grado ad adattarsi ai mutamenti intervenuti nell’ambiente in cui vivevano.

Abbiamo potuto osservare anche dei prototipi degli antenati di animali tutt’ora esistenti, come il bisonte delle steppe e il rinoceronte lanoso.

Il bisonte delle steppe, a cui viene dato questo nome per distinguerlo dal bisonte europeo, viveva nelle praterie dove gli alberi principali erano pini, salici e arbusti senza foglie.

Il rinoceronte lanoso, invece, viene chiamato così per la sua pelliccia e differisce dal rinoceronte per la forma delle sue corna che sono curve e piatte, perché venivano usate per togliere il ghiaccio in modo da scoprire l’erba sottostante di cui si nutriva.

Nella stessa sala era presente anche la ricostruzione di una grotta di gesso e la guida ci ha spiegato che è proprio grazie al gesso se molti fossili si sono conservati. L’acqua nel tempo ha modificato la conformazione di alcune grotte formando delle cavità chiamate inghiottitoi, nel cui interno sono rimasti intrappolati degli animali i cui fossili, grazie al gesso, si sono conservati nel corso degli anni.

Questa visita al Museo della preistoria“Luigi Donini” l’ho trovata particolarmente interessante e coinvolgente. E’ stato un modo creativo ed efficace per riprendere e approfondire argomenti studiata scuola negli anni precedenti, inoltre mi ha fatto molto piacere vedere grande partecipazione ed interesse da parte di tutto il gruppo.

 

Testo di Carolina Tamba

Immagini di Samuele Tocco